Frank Zappa - Hot Rats (1969)

Nella classifica di chi, facendo musica rock, ha sempre cercato una dimensione tecnica e strumentale da musicista “classico” (mi si perdonino le virgolette) al primo posto non può esserci che lui. Frank Zappa è stato uno dei personaggi più bizzarri e creativi della musica rock. Figlio di Francis, perito industriale originario di Partinico (Palermo), nasce a Baltimore. Per problemi respiratori suoi, la famiglia si trasferisce prima in Florida e poi a Los Angeles. Agli inizi degli anni 60′, bazzica studi di registrazione, con l’idea di fare musica orchestrale. Quello che però riesce ad ottenere sono solo jingle pubblicitari (determinanti comunque nello sviluppo della sua musica), qualche canzoncina da poche copie e due composizioni per gli Animals (il disco di riferimento è Animalism). Non si sa come, verso la fine del 1965 viene ingaggiato dalla Verve, la leggendaria etichetta del Jazz, e Zappa, che aveva fondato nel giorno della festa della mamma il suo gruppo, The Mothers Of Invention (chiamati in un primo momento provocatoriamente The Mothers, un gruppo di strampalati personaggi ma musicisti con i controfiocchi), sperimenta in pochi anni una quantità enorme di stili, musica, provocazioni che sarebbero bastate per intere carriere ad altri. Si inizia subito con il botto. Freak Out! (1966) e Absolutely Free (1967) esprimono al meglio l’ideale musicale zappiano: un miscuglio post apocalittico di generi, con canzoni doo-woop, canzoni politiche, collage musicali, cabaret. Alcuni pezzi sono già inni, come The Duke Of Prunes (1967) e i primi esperimenti orchestrali. Già da subito emerge la sua maestria impareggiabile nella chitarra (Invocation And Ritual Dance Of The Young Pumpkin, da Absolutely Free). Zappa ha il tempo di prendere in giro il sogno della stagione dell’amore facendo il verso ai Beatles con We’re Only In It For The Money (album grandioso, la copia pessimistica e sarcastica di Stg.Pepper’s sin dalla copertina 1968) e di scatenare la sua fantasia in Lumpy Gravy (1968, uno dei suoi dischi preferiti) dove, tra le altre bizzarrie, assembla assurdi discorsi di gente che parla nella coda di un pianoforte. La Verve, che non sa come ha a libro paga un tipo così, gli dà un’ultima possibilità, stanca di zero risultati commerciali. Nell’estremo tentativo di farsi trasmettere dalle radio (parole di Zappa) esce Cruising With Ruben And The Jets (1968), che fa un nostalgico pop anni ‘50, con annessa brillantina a go-go e abiti sgargianti, ma è l’ennesimo fiasco. Con il manager Herb Cohen fonda la sua etichetta, Bizzarre (nomen omen), e finalmente ha la libertà che cerca: Uncle Meat (1969) è il primo grande capolavoro zappiano, un doppio album dalla ricchezza stilistica e compositiva pazzesca, dominato dalla suite in 6 parti King Kong. In pieno furore creativo, scioglie i Mothers e pubblica sempre nel 1969 un album solo a suo nome, il primo della sua carriera solista. Hot Rats è una gemma assoluta.


6 brani manifesto tutti strumentali, eccetto uno, fu registrato con per l’epoca le più avanzate tecniche di registrazione, con i primi banchi mixer a 16 piste, per un suono pienissimo e coinvolgente per la gioia della perfezione zappiana. Peaches En Regalia è il brano più famoso, gioiosa composizione dove l’assolo di chitarra si snoda tra meraviglia tecniche, momenti blues e le solite chicche meravigliose (mi riferisco in particolare all’omaggio ai jingle dei cartoni animati della Looney Tunes), Son of Mr. Green Genes è un arrangiamento nuovo di Mr Green Genes presente in Uncle Meat, e ha una storia curiosa: non si sa perché, ma dopo che Zappa pubblicò la prima edizione della canzone, omaggio dei suoi a Green Jeans, star di una famosa trasmissione televisiva americana famosissima negli anni ’50, su Uncle Meat, si diffuse la notizia che Zappa fosse un figlio segreto di Hugh Brannum, l’attore che lo impersonava nella trasmissione (ovviamente una bufala ma Zappa amava queste cose e ci giocò su con la solita ironia); Little Umbrellas è dominato dai fiati di Ian Underwood, uno dei pochi Mothers che Zappa porta con sè. The Gumbo Variations (il gumbo è una zuppa di riso, pesce verdure e pollo del Sud degli Stati Uniti, soprattutto della Louisiana, fatta con l'ocra, un ortaggio di origini africane portato dalla colonizzazione forzata degli schiavi africani in quelle zone) è il lungo pezzo strumentale, di chiaro stampo jazz rock, dove la chitarra iperbolica di Zappa dialoga con i fiati di Underwood e il violino di Don “Sugarcane” Harris, il quale diventerà in seguito uno dei suoi musicisti più fidati. Due brani leggenda: l’unico cantato (forse meglio dire sbraitato) è Willie The Pimp (Willie il pappone) con la voce di Don Van Vliet, in arte Captain Beefheart, che sempre nel 1969 pubblica con Zappa il leggendario Trout Mask Replica; l’altro, It Must Be A Camel, che deve il nome alle particolari “gobbe” che l’andamento musicale faceva sullo spartito, vede la partecipazione del violinista francese Jean Luc Ponty, che diverrà grande amico di Zappa, tanto da dedicargli nel 1970 un meraviglioso disco, King Kong, dove riprende parti di precedenti pagine di Zappa e con il maestro compone una Music For Electric Violin And Low Budget Orchestra da mozzafiato. La copertina fu ideata da Cal Schenkel ritrae la groupie Christine Frka mentre fuoriesce da una piscina vuota di una villa a Beverly Hills, e fu scattata all’infrarosso. Da questo disco la parabola zappiana procederà sempre all’insegna della qualità musicale, spessissimo con relativa bassissima fama commerciale della sua musica, e qualche volta persino con qualche caduta di stile, ma rimarrà un percorso unico (e gigantesco, per la quantità di dischi, raccolte, compilation, i leggendari live) che ha avuto uno zoccolo duro di spericolati appassionati. Zappa continuerà per tutta la vita a lavorare al suo concetto di musica, spesso orientata alla massima cura dei dettagli e alla precisione delle esecuzioni strumentali, fin quando un tumore alla prostata non se lo porta via nel 1993, a 53 anni. Vale la pena scoprirlo o riscoprirlo perchè è uno di quegli artisti mito di cui tutti parlano ma pochi davvero hanno mai ascoltato.

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