Pearl Jam, Binaural, 2000
La decisione di scrivere di album cosmici dopo le foto, eccezionali, del nuovo telescopio spaziale James Webb si deve al fatto che per caso avevo ripreso in mano questo disco. In copertina infatti ha una foto, del 1996, dell’ormai leggendario telescopio Hubble, che è stato l’apripista delle meraviglie del Cosmo: la nebulosa Clessidra situata alla distanza di 8000 anni luce dalla Terra e fu scoperta da due scienziate americani tra la fine degli anni ‘10 e l’inizio degli anni ‘20 del 900, Annie Jump Cannon e Margaret W. Mayall. Fu con le foto di Hubble che se ne poté ammirare la straordinaria simmetria. I Pearl Jam scelsero questa foto, e anche altre scattate dalla Nasa con il telescopio nel libretto del disco, come copertina del loro sesto album in studio, del 2000. Sono passati solo 9 anni dal quell’esordio fragoroso e memorabile che fu Ten, che li fece scoprire al mondo, con la forza e la passione del loro rock. A distanza di così pochi anni, sono ben consapevoli di essere dei sopravvissuti: del grunge non è rimasta che la polvere stellare, tra lutti, defezioni, fragorose rovine, e pure loro in quel periodo non è che stessero alla grande: Eddie Vedder era sul punto di abbandonare la band per un blocco creativo, Mike McCready è in riabilitazione per abuso di farmaci, Jack Irons è l’ennesimo batterista che abbandona il gruppo. Sembra il prologo all’implosione. Ma invece tutto si aggiusta, e con l’ingresso dell’ex Soundgarden Matt Cameron alla batteria si forma quella line up leggendaria che ancora oggi miete successo: Vedder cantante, McCready alla chitarra, Jeff Ament al basso, Stone Gossard alla chitarra ritmica, Cameron alla batteria. Tutto questo sfocia in una voglia di cambiamento anche musicale: per la prima volta in 9 anni non chiamano in produzione Brendan O’Brien e passano a Tchad Blake, famoso produttore e ingegnere del suono, pioniere delle registrazioni binaurali: un metodo di registrazione tridimensionale del suono che ha il fine di ottimizzare la registrazione per il suo ascolto in cuffia, riproducendo il più fedelmente possibile le percezioni acustiche di un ascoltatore situato nell'ambiente originario di ripresa dell'evento sonoro. Se le registrazioni binaurali sono interessanti, meno lo è il lavoro di Blake, tanto è che la band farà mixare i brani al fido O’Brien alla conclusione delle registrazioni. Rimane solo il riferimento alla tecnica di registrazione, tanto che il titolo dell’album è Binaural. Tesissimo, nel consueto mix tra forza, rabbia ed emozioni dolci, il disco mette in scena tutto il repertorio musicale del gruppo e la consueta, magnifica, vena espressiva di Vedder. Si parte con la forza di Breakerfall e God’s Dice, con la prima quasi apocalittica nel testo, di nuovo centrato sui disagi giovanili, tema centrale nei testi di Vedder:”È come se avesse perso il suo biglietto d'invito al party sulla Terra\, e stesse fuori a odiare chiunque sia qui\Lei è il suo stesso male, piange stretta alla sua bambola\Ma solo l'amore può frenare la sua caduta\Frenare la sua caduta\Solo l'amore può frenare la sua caduta”. La parte centrale ha le meravigliose ballate: Light Years, dolente canzone sulla distanza interpersonale (Con il respiro pesante, rimpianti risvegliati\Ultime pagine e giorni passati da soli che avremmo potuto trascorrere insieme, ma eravamo distanti miglia\Ogni centimetro tra di noi diventa anni luce adesso\Non c'è tempo per essere vuoti o per risparmiare sulla vita\Oh, bisogna viverla tutta), la altrettanto bella Nothing As It Seems, primo singolo del disco e registrata con la tecnica binaurale, la toccante Thin Air. Molto di quello che è successo alla band c’è sia in Insignificance e soprattutto in Grievance, scritta proprio da Vedder come prima canzone al suo blocco creativo, e ispirata alle storiche manifestazioni di piazza a Seattle durante il WTO del 1999:”Prendi gli innocenti da una folla\Alza i manganelli e abbattili\Se si rifiutano di obbedire\Oh, se si rifiutano di obbedire\Per ogni strumento che ci danno\Una perdita di indipendenza\Giuro il mio risentimento alla bandiera\Perché non dai il sangue per poi riprendertelo\Meritiamo tutti qualcosa di più”. Ci sono poi le altre tracce binaurali: Of The Girl, magnetica e acustica, Rival che inizia con latrati di cani arrabbiati, molto blues, la bellezza magnetica di Slight Of Hand, uno dei grandi pezzi del loro repertorio, una storia per ritrovarsi che dice:”Quando raggiunse la riva del mondo a cui era agganciato\Lui risalì alla superfice della consuetudine\Raccolse le sue poche cose, il cappotto e le chiavi\Ogni nuova consapevolezza avrebbe dovuto attendere\Finché non avesse avuto più tempo... più tempo\Tempo per sognare... da solo\Dice arrivederci... a se stesso\Ti rivedrò dall'altra parte\Un altro uomo, mosso da un inganno”. Soon Forget con il solo dell’ukulele è il seme da cui partirà la carriera solista di Vedder, Parting Ways è la traccia finale che contiene, cosa comune nei loro dischi, la ghost track Writer's Block. Il disco non è tra i loro più famosi, e all’epoca fu considerato non come avrebbe meritato: tuttavia il successivo tour fu storico per la decisione, all’epoca dirompente, della band di pubblicare tutti gli show tra Stati Uniti e Europa di official bootleg, reperibili sia nei negozi fisici che tra mite il fan club della band. 72 concerti che furono apripista di una scelta che ancora oggi propongono, diventando di fatto la band moderna con il più clamoroso e grande catalogo musicale fisico reperibile al mondo. Una scelta di forza e di rispetto verso i propri fan di una delle ultime grandi band del rock, unica nel saper racchiudere in una canzone i sentimenti di disagio e di struggimento di questi tempi.
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