Sluice - Radial Gate (2023)


di Lorenzo Righetto

Listening to this heartfelt love letter to nature and friendship, I feel the urge to call my own friends to tell them I love them. And also to listen to this album
(jackalbrecht, commento sulla pagina Bandcamp degli Sluice)

Non ci vuole molto, in effetti, per innamorarsi di questo "Radial Gate". Qualcuno potrebbe arrivare a dire che basta la copertina, che ad altri potrebbe evocare il "classico" album folk post-Duemila, pieno di stanche immagini bucoliche e silenzi contrappuntati da qualche strumento tradizionale.
Non è proprio il caso di questo secondo disco degli Sluice, che prima di tutto spicca per brevità (sette, praticamente cinque tracce se togliamo quelle strumentali/ambientali). Fin dall'inquieto pattern chitarristico di "Centurion" (sembra una cover di Elliott Smith fatta da Bill Callahan), si capisce che "Radial Gate" non è propriamente un album convenzionale - nonostante non sia certo caratterizzato, d'altra parte, dall'ansia di distinguersi.

L'ottima, sonnolenta ma evocativa "Fourth Of July" non si preoccupa in effetti di suonare come un brano di "Sometimes I Wish We Were An Eagle", con le sue immagini campestri e le carrellate di reminiscenze tenute insieme dall'acqua, dal fiume, dall'amicizia e dal "corvo che rubò un uovo il 4 di luglio". Anzi, Justin Morris rivela "I am a cartoon Callahan".
L'album è improntato a una mirabile concisione, spesso condensando sotto i 4 minuti più idee, che in altri contesti si sarebbero probabilmente tradotte in interminabili suite (ad esempio, "Mill" in mano ai Big Thief), mentre qui mantengono una più diretta leggerezza spirituale. Così "si permettono" anche di raccontare e impersonare la folgorazione di San Paolo in "Acts 9:3", brano che si libera pian piano fino alla tracimazione nel grido "I want to make it to Damascus". Più prosaicamente, il disco si fa apprezzare per la sua colloquialità trasparente, limpida ("Tonight our friends will be married", in "New Leicester").

Insomma, un disco unapologetically inspiring, si potrebbe dire, che si posiziona un po' di sbieco con la sua vaga ingenuità rispetto alla scena contemporanea. Per qualcuno potrà essere un pregio, per altri il segno di una "mancanza", ma principalmente "Radial Gate" rimane un album che è difficile non ascoltare per almeno qualche volta di fila.

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