Glen Hansard – All that was East is West of Me Now (2023)

di Sara Fontana

Poche sono le cose che mi entusiasmano. Arrivata a quarant’anni per quanto mi sforzi ho visto e sentito già davvero molto; alla mia età se avessi tante vite quante i gatti si potrebbe dire che una è andata, questo è ciò che penso adesso. Glen Hansard è uno di quei rari casi che crea entusiasmo in me.

A distanza di quasi cinque anni e dopo collaborazioni con Eddie Vedder e Cat Power, poi il ritorno a performance dal vivo con The Frames e Markéta Irglová/The Swell Season, eccolo con “All that was East is West of Me Now”, album dal classico stile folk mischiato al rock ed al blues ma anche con parti noise alla Sonic Youth che mi hanno stupito e non poco. Sarà stata la sempre più vicinanza con Eddie Vedder, o l’aver riabbracciato la sua storica band The Frames, ma il suono di Hansard è sviluppato in questo rock che non si sentiva da decenni e, porca miseria se mi piace!

Non sono una nostalgica, piuttosto credo che il periodo ’80/’90 di certe sonorità durò troppo poco, dunque quando sento qualcuno che porta avanti il discorso, anche solo per un brano, sono felice. Tale tipo di noise rock con rimandi folk per me è stato solo un coito interrotto e non un rimpianto. Non c’è solo questo in “All that was East is West of Me Now”: non manca infatti la parte emozionante, da sempre caratteristica del musicista dublinese. Quel suono che non ti rende né felice né dolente, semplicemente abbraccia ed accompagna la tristezza, la rabbia ma anche la gioia che hai dentro tramutandola in qualcosa di intimo, speciale e dolce di cui essere orgogliosi. Nella musica di Hansard, tutta, che sia una colonna sonora, una collaborazione o un progetto solista possiamo sentirci meno soli. C’è grazia.

È proprio come una giornata piovosa d’Irlanda, in cui sembra che le lacrime del mondo intero si uniscano per risplendere sotto il sole qualche minuto dopo. Glen Hansard è così incostante come la terra da cui proviene, è impossibile non volergli bene, ma si sente anche quanto lui ami la musica ogni volta che suona o compone qualcosa, e quanto questo suo atto non sia rivolto solo a sé stesso ma anche agli ascoltatori e alle persone che in qualche modo si ritrovano nelle sue storie. È così che dovrebbe funzionare una creazione artistica: generare non solo per sé ma anche perché magari qualcun altro ne ha bisogno più dell’acqua.

“All that was East is West of Me Now” si muove tra il classico folk alla Hansard, come in The Feast of St. John, che vede la partecipazione di Warren Ellis (The Dirty Three/The Bad Seeds) al violino: è un pezzo potentemente irlandese che grida di rabbia come un vento autunnale aprendo le porte di questo quinto album solista. Poi, No Mountain e Short Life; per passare al rock-noise di Down on Our Knees, dove si va oltre i sei minuti ma con un senso estetico molto buono. Il brano tocca, anche se molto brevemente, delle punte di stoner ed è una traccia curiosa se si fa riferimento al confortevole Hansard, ma che in qualche modo mi riallaccia a The Closing Door dell’album “This Wild Willing” e riporta alla mente alcune idee dei brano Fitzcarraldo o Revelate dei suoi The Frames.

Non manca poi un buon blues misto a jazz-noir, che si presenta con Sure as the Rain; nel mezzo capitano cose come la delicata Between Us There is Music, dai tratti ambient, e Ghost, un brano fatto di sospiri che provengono sia dalle voci che dai vari strumenti e dalle armonie che la compongono e la fanno suonare come l’elevazione del proprio spirito pur rimanendo ancorato al corpo. È un pezzo gotico, non tanto per l’arrangiamento, ma per quello che lascia durante l’ascolto: lo trovo perfetto per l’autunno; segue Bearing Witness, una canzone dai toni folk-rock con rimandi blues che si muove tra rabbia e passione, ed è scandita da un costante colpo di rullante che governa tutto il resto, battito che raddoppia nella chiusura come se questo tempo ne fosse stato la gabbia. L’album chiude con la strumentale Reprise. Insomma, un bel lavoro fatto di tanti piccoli o grossi spunti che abbraccia le varie sfaccettature della musica folk.

Glen Hansard ha spiegato che il titolo di questo nuovo album fa riferimento a “l’improvvisa consapevolezza che c’è più passato che futuro” e suona esattamente così, come se tutte le collaborazioni ed esperienze artistiche ma anche (o soprattutto) umane avvenute nella vita di questo musicista si fossero condensate ed un giorno manifestate per dar luogo a questo splendido lavoro.

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