William the Conqueror - Excuse Me While I Vanish (2023)

di Fabio Cerbone 

Si scrive William the Conqueror, si legge Ruarri Joseph, la voce e il songwriting che si celano dietro il progetto di questo trio inglese che ha radici in Scozia, terra di origine di Joseph, fa base in Cornovaglia, dove adesso vive e opera il musicista, e in passato ha varcato anche l’oceano, per incidere a Los Angeles. Lì avevamo lasciato l’ultima volta la band, a chiudere una sorta di trilogia discografica con il terzo album, Maverick Thinker (e il primo per il prestigioso marchio Chrysalis), registrato ai Sound City Studios in California con l’idea di fondere il folk rock della madre patria con certe sfumature Americana, persino attraversato da umori swamp e soul.

Ritroviamo dopo quasi tre anni Joseph e i suoi accoliti, Naomi Holmes al basso e Harry Harding alla batteria, in una veste che conserva una chiara aggressività elettrica, quella che emergeva anche nei precedenti lavori, ma con intenzioni più scure e burrascose nella resa sonora, accentuando una patina “grungy” e indie rock che sembra pescare da certo cantautorato anni Novanta. Un’impressione che faceva da sfondo anche al citato Maverick Thinker, sebbene mediata da arrangiamenti più policromi che rendevano quel disco l’obiettivo migliore raggiunto nella breve carriera del trio. Excuse Me While I Vanish, con la produzione accorta di Barny Barnicott (Arctic Monkeys, Sam Fender, Kasabian), tende a irrobustire il suono e a far risaltare testi e impressioni che nascono in periodo di pandemia, fortemente influenzati dal lavoro della compagna di Ruarri Joseph, operatrice sociale nel campo delle malattie mentali, che ha affrontato faccia a faccia le conseguenze dell’isolamento sulle persone.

La via di uscita è un rock nervoso e melodico al tempo stesso che dalla partenza intrisa di groove in The Puppet and the Puppeteer e attraverso sprazzi di luminosa dolcezza (The Bruises, L.W.Y.) e altri di trattenuta tensione (Sheepskin Sleeve, Shots Fired from Heave, Elsie Friend) si muove su un confine sottile tra sanità e follia, tra chitarre impetuose e soluzioni melodiche che sfiorano un certo livello di epicità (Somebody Else) e un’interpretazione, quella dello stesso Joseph, che caratterizza lo stile del gruppo con il suo canto fra il drammatico e il discorsivo (The Tether ne riassume bene entrambe le direzioni). Quando alla recita si aggiungono altre voci e le note di piano e organo aprono gli orizzonti dei William the Conqueror, tutto scorre con più facilità, nascono anche ballate un po’ fanciullesche che hanno la forza di un inno (il finale liberatorio con In Your Arms), ma per lunghi tratti l’album sembra riflettere un carattere catartico e introverso frutto dell’ispirazione che ha guidato Joseph in questi tre anni. La peculiarità delle dinamiche espresse dalla band rimane, anche se il primo impatto con Excuse Me While I Vanish è assai meno diretto ed emozionante dei suoi predecessori.

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