Duane Betts - Wild & Precious Life (2023

di Pie Cantoni 

Se ci fosse una classifica per le copertine più belle dell’anno, sicuramente la lussureggiante vegetazione tropicale, come in un quadro di Rousseau, di questo Wild & Precious Life la vincerebbe. Il disco di debutto solista di Duane Betts arriva dopo un lunga gavetta con band come Backbone69, Whitestarr, Dawes, The Allman Betts Band (con i figli degli altri fondatori della Allman Brothers Band) e ovviamente affiancando il leggendario padre come membro dei Dickey Betts & Great Southern. Essendo figlio di uno degli storici fondatori della formazione più famosa del Southern Rock, è chiaro che il terreno di crescita di Duane (nomen omen) non poteva che essere buono e il risultato anche dei suoi sforzi solisti non poteva che affondare le radici nella musica umida e appiccicaticcia della Florida.

Insieme a Johnny Stachela alla chitarra, a Berry Duane Oakley al basso, a John Ginty alle tastiere e al batterista Tyler Greenwell, Betts accetta l’offerta degli amici Susan Tedeschi e Derek Trucks e registra, naturalmente in analogico, questo suo lavoro presso gli Swamp Raga Studio a Jacksonville, di proprietà della citata coppia Tedeschi/Trucks. Ci sono anche ospiti illustri come Marcus King, Nicki Bluhm e il maestro dello slide in persona, Derek Trucks. Il tutto è prodotto da Duane Betts e Johnny Stachela, Jim Scott al mixaggio e Bobby Tis come ingegnere del suono. In totale ci sono dieci brani originali, quelli che Betts e Stachela hanno considerato i migliori della session negli studios della famiglia Tedeschi Trucks.

Già dalle prime note di Evergreen, l’apripista del disco, si sente netta e inconfondibile l’influenza dell’Allman Brothers Band, nelle armonie di chitarra, negli assoli slide lancinanti, con tanta bravura anche qui ma con un pizzico di radiofonicità in più. Waiting on a Song vira verso il country con una lap steel che fa da contrappunto al canto. I cambi di tonalità rimandano una volta di più alle cavalcate psichedeliche della suddetta band sudista. Nulla da dire ovviamente sull’esecuzione, perché i ragazzi sono cresciuti a una scuola che non ha pari e sanno decisamente il fatto loro. Quasi un tormentone risulta il riff di Forrest Lane, bellissimo brano fra il country e il southern rock, mentre il primo ospite compare in Colors Fade. La cantante Nicki Bluhm, infatti, duetta aggiungendo armonie evocative alla voce non sempre eccelsa di Duane Betts (le stesse canzoni in mano a Chris Robinson, per dirne uno, guadagnerebbero almeno un paio di punti). Saints to Sinner ricorda invece la parentesi americana (dalle parti di Keep on Growin’ o giù di lì) di Eric Clapton con al suo fianco un giovane Duane Allman alla chitarra. La coda strumentale del brano poi è da godere in religioso silenzio.

Derek Trucks suona la slide in Stare at the Sun. Intendiamoci, sia Betts che Stachela sono chitarristi pazzeschi, sia in slide che con la chitarra standard, ma basta qualche nota nello stile unico di Trucks per cambiare il mood al brano. E questo Stare at the Sun è probabilmente il meglio riuscito del disco. Molto interessante anche l’episodio strumentale Under the Bali Moon, che prepara al finale con tre brani intensi come Sacred Ground, venata di soul, Cold Dark World con Marcus King che duetta con Betts alla chitarra, e Circles in the Stars, ballad suonata su una Martin vintage, appartenuta al padre Dickey.

Se si vuole proprio trovare un difetto al disco, comunque notevole, forse è nel fatto che le canzoni sono delle grandi e incredibili jam psichedeliche, ma sembra che la parte della scrittura dei brani sia stata in parte sacrificata e, a nostro parere, non altrettanto curata. Ad ogni modo Wild & Precious Life non si riferisce solo alla copertina, ma alla vita in sé, selvaggia e preziosa, qui rappresentata da uno spaccato di musica americana contemporanea e allo stesso tempo fortemente ancorata al passato in cui la stirpe dei Betts ha dato un grosso contributo.

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