Son Volt - Day Of The Doug (2023)
di Paolo Baiotti
Pubblicato in vinile per il Record Store Day e in cd qualche settimana fa, Day Of The Doug è un tributo alla musica di Doug Sahm con dodici canzoni che abbracciano i diversi periodi della carriera del musicista texano, sia come solista che come leader del Sir Douglas Quintet e dei Texas Tornados. Nato a San Antonio nel ’41 e morto a Taos nel ’99, Sahm è stato una figura fondamentale della musica Tex-Mex, ma non solo poichè ha assorbito anche influenze del British Pop e della scena hippie californiana dopo il suo trasferimento nel ’65 a San Francisco dal Texas, dove è tornato nel ’71. Figura di culto, ha raggiunto un successo di massa solo con alcuni singoli del Sir Douglas Quintet tra il ’65 e il ’68.
Jay Farrar ha conosciuto Sahm nei primi anni Novanta, quando collaborarono alla cover di Give Back The Key To My Heart incisa dagli Uncle Tupelo nel ’93 (nell'ultimo disco della band, Anodyne). Ma questa volta ha voluto dedicare un intero album al musicista texano, che verrà anche presentato in tour insieme all’esecuzione integrale di Trace, album d’esordio dei Son Volt pubblicato nel ’95. Da profondo conoscitore di questo artista, Jay ha scelto nel momento di pausa della pandemia tracce meno conosciute, evitando i singoli di successo e coprendo tutti i periodi della produzione di Sahm, affiancato dagli attuali colleghi Andrew DuPlantis, Mark Spencer, Mark Parrerson e l’ultimo arrivato John Horton, ex Bottle Rockets (che furono i primi a pubblicare un disco di cover di Sahm, Songs of Sahm del 2002), aggiungendo come apertura e chiusura due messaggi telefonici lasciati da Doug sulla sua segreteria.
Le versioni sono adattate allo stile dei Son Volt e alla voce di Farrar, più bassa di tono e decisamente più melodica e malinconica di quella di Sahm, senza stravolgere gli originali. Dal periodo del SDQ spiccano l’up-tempo What About Tomorrow, il roots rock Yesterday Got In The Way, il country Keep Your Soul meno campagnolo rispetto all’originale, la briosa Dynamite Woman caratterizzata dagli inserimenti dell'organo Farfisa e Seguin, che sembra uscita dal canzoniere della band. Dal periodo successivo emergono l’apertura byrdsiana di Sometimes You’ve Got To Stop Chasing Rainbows eseguita senza chitarra acustica, la scorrevole Beautiful Texas Sunshine con la pedal steel di Brad Sarno, la robusta Juan Mendoza cantata da DuPlantis, una divertente e ballabile Poison Love e la ballata It’s Gonna Be Easy che chiude un disco che Doug Sahm avrebbe sicuramente apprezzato.
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