Del Suo Veloce Volo - Franco Battiato & Antony

di Lorenzo Cipriani

Lorenzo Cipriani è un amico la cui storia merita di essere raccontata per introdurre la sua Ambulance Songs. Lorenzo è Comandante in seconda di Milanto, barca a vela coinvolta attualmente in una navigazione straordinaria, quindici mesi di per solcare 26mila miglia nautiche lambendo le coste dei cinque continenti, seguendo le antiche rotte degli alisei, quelle stesse rotte che secoli fa condussero alle Americhe Cristoforo Colombo. Partito da Saint Lucia, dalle acque cristalline delle Piccole Antille, in un giro che correrà quasi sull’equatore e che toccherà da Panama alle Galapagos, proseguendo poi per Tahiti, sorprendendosi davanti alle bellezze della barriera corallina australiana e toccando poi ancora le Fiji, l’Indonesia, le Mauritius, Cape Town, Salvador de Bahia. Lorenzo ci ha regalato questo pezzo dal Sud Africa. Lo ispira un vento fraterno.

Quella notte era più scura del solito. Ormai erano due settimane che avevamo lasciato l’isola di Lombok in Indonesia per attraversare tutto l’oceano Indiano a vela fino alla Reunion. Ero stanco morto, i nostri autopiloti si erano rotti ed in tre dovevamo fare sfiancanti turni a rotazione al timone. Durante la notte mi facevo coraggio e mi tenevo sveglio ascoltando musica random nelle cuffie del mio iPhone. Ed è così che è accaduto. Per caso. La canzone Del suo veloce volo di Franco Battiato con la partecipazione di Antony è apparsa dal nulla. E fin dalle prime note mi sei tornato in mente.
Amico mio lontano, quanto ti sarebbe piaciuta quest’avventura, quanto ne avremmo parlato, magari saresti riuscito a raggiungerci per una tratta e ti saresti imbarcato di nuovo con me, come quella mitica estate di vela che facemmo insieme a tanti altri amici. Saresti diventato anche tu un velista, ce l’avevi nel sangue come me, lo stesso destino negli occhi: quella voglia di libertà che ci fa guardare lontano verso l’orizzonte; e la testa fra le nuvole, perché le nuvole portano il vento, generano le correnti e mutano aspetto continuamente. E noi ci perdevamo a riconoscerne le forme: un drago, un gatto col cappello, una telecaster, un contadino, un carro pieno di paglia! Quanto ridevamo, ci bastava poco per ridere, per essere felici. Ci bastava guardare le nuvole. Quanto ti sarebbe piaciuto quest’oceano così difficile da navigare, così ostico e così meraviglioso. Credimi Francesco se ti dico che ho visto montagne d’acqua montare a poppa, mentre branchi di pesci volanti le solcavano fino alla cima e si libravano nell’aria scintillando alla luce del sole. Non esiste spettacolo più bello, te lo assicuro.
Avresti ascoltato musica durante le tue guardie notturne, come me, e la musica ci avrebbe salvato come sempre. Ci avrebbe soccorso nei momenti difficili. Poi avremmo suonato insieme qualche canzone aspettando il tramonto. Tu al basso, io alla chitarra, come ai vecchi tempi.
In questa parte di oceano non c’è nessuno, solo ogni due o tre giorni avvistiamo un cargo diretto in India o una flottiglia di pescatori che sono in mare da chissà quanto tempo. Neanche un uccello marino, qui siamo lontanissimi da tutto, questo mare non finisce mai e il tempo sembra dilatarsi: non so più dire quando sono partito dall’Indonesia. Quanto tempo è passato? Tre settimane, due mesi, un anno? È un oceano dell’oblio, dove è facile dimenticare e perdere il senno.
Qualche volta i mostri ti invadono la mente e fomentano cattivi pensieri. È capitato una notte buia, coperta da nuvole nere, che non vedevo neanche una stella. In quei momenti è difficile trovare una luce dentro di te. Eppure c’è. C’è sempre nascosta nel fondo dell’anima quella piccola fiamma che resiste e illumina anche la notte più scura. Se tu fossi stato con me in quei momenti avremmo condiviso quest’oscurità e ci saremmo fatti forza a vicenda come si fa tra buoni amici. Le notti sono lunghissime in quest’oceano. Più dei giorni che invece passano veloci, come la corsa di un branco di delfini che saltano giocando sulla nostra prua e scompaiono al tramonto in un’uscita di scena al grand finale del sole che s’immerge all’orizzonte. Nelle notti stellate il cielo è la manifestazione dell’infinito, lì davanti ai miei occhi ogni notte si rivela il mistero dell’universo. Mi torna in mente quel padre missionario in Etiopia: diceva che viviamo tutti sotto la stessa luna. O i progetti artistici di Nadia e Paolo, sotto un unico cielo di stelle. Un mondo di sognatori, di artisti, di visionari, di poeti, di navigatori. Questo è il nostro mondo Francesco, era in questo mondo che ci eravamo riconosciuti. Allora ti dico un’ultima cosa. C’è una stella che sta sopra la Croce del Sud, un po’ a sinistra. È una stella piccola, non fra le più importanti. È la mia stella guida in queste notti, il mio riferimento per seguire la rotta di notte. La stella con cui parlo e alla quale rivelo le mie inquietudini, i miei dubbi, le mie gioie. A lei chiedo consiglio quando mi sento solo e la prego di vegliare sulle persone a cui voglio bene. Cercala anche tu. So che la troverai perché ci somiglia, anche lei fa parte del nostro mondo. Parlaci come faccio io, chiedile di raccontarti di questo mio lungo ritorno a casa e mandami un saluto per suo tramite. Che poi forse quella stella sei proprio tu e io ancora non l’avevo capito.
Ciao Francesco, se è così allora ci vediamo anche stanotte.

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