James Yorkston, Nina Persson and The Second Hand Orchestra - The Great White Sea Eagle (2023)

 di Gianfranco Marmoro

James Yorkston assomiglia sempre di più a Don Chisciotte: un cavaliere errante che continua a difendere la purezza dell’arte musicale dalla volgarità e dalla mercificazione imperante. “The Great White Sea Eagle” giunge a poco più di un anno dal precedente progetto con gli svedesi della Second Hand Orchestra, ma lungi dal pensare a un disco concepito per consolidare il successo di “The Wide, Wide River”, Yorkston è ancora una volta animato dalla sacra fiamma dell’ispirazione.

Per questo nuovo album in compagnia della Second Hand Orchestra, il musicista scozzese ha modificato il proprio approccio alla composizione, sostituendo alla chitarra, finora elemento primario, il pianoforte. Una scelta che ha orientato i brani verso toni più intimi e armonicamente più versatili e, a questo punto, l’esigenza di avere un contraltare vocale femminile si è rivelata quasi naturale (ruolo perfettamente assolto da Nina Persson, cantante nota al pubblico per aver fatto parte dei Cardigans).

“The Great White Sea Eagle” è un album decisamente più corale, l’apporto in fase di scrittura e di arrangiamento della Second Hand Orchestra è evidente (molti brani sono stati elaborati direttamente in studio). Quel che ne consegue è un James Yorkston mai così scanzonato - l’accattivante folk-pop di “Hold Out For Love” - o sentimentale - l’incantevole duetto di “Mary” - un brano ricco di emozioni a tal punto da invogliare il repeat automatico.

Come sempre a far la parte del leone delle liriche sono racconti di ordinaria quotidianità. Storie di adolescenza (“Sam And Jeannie McGreagor”) e maturità (la descrittiva e solenne title track) si alternano nel cerchio della vita che Yorkston da sempre racconta con delicata poesia. Ma quando l’autore rende omaggio a Scott Hutchison dei Frightened Rabbit, fa capolino un tono decisamente più elegiaco e mesto che si impossessa della canzone più malinconica dell’album “A Sweetness In You”, alla quale fa seguito l’altrettanto sofferta “A Forestful Of Rogues” dove a far da padrone è lo straziante suono del violino. 

“The Great White Sea Eagle” è ad ogni modo un disco molto fragile, vulnerabile, scomposto, una messa a nudo di dolori e solitudini, che a volte contrasta con la grazia delle canzoni fino a risultare stridente (il folk barocco di “An Upturned Crab”) o travagliato (l’introspettiva dissonanza di “Keeping Up With The Grandchildren, Yeah”). La Second Hand Orchestra non lesina in grazia e audacia negli arrangiamenti, contagiando con tonalità jazz e con l’ardore dei fiati la singolare “The Heavy Lyric Police” o sostenendo il grazioso uptempo di “Peter Paul Van Der Hayden” con saltellanti note di piano e un vortice sonoro quasi circense.

Ho però il sospetto che nonostante la sempre notevole caratura di scrittura e arrangiamenti, questo nuovo album di James Yorkston con la Second Hand Orchestra e Nina Persson solleverà qualche perplessità nei fan del musicista scozzese, pochi inclini a un formato canzone più definito o al dialogo a due voci che per alcuni potrà sembrare lezioso.

A fugare ogni dubbio viene in soccorso la splendida “Hamony”: Nina e James raccontano con delicata nostalgia lo sfibrare dei sentimenti senza eccessi o inutili languori. Ancora una volta il conforto e la comprensione prevalgono sull’impeto e sulla passione. 

“The Great White Sea Eagle” è un disco caratterizzato da una sobria bellezza, un felice connubio di mondi poetici lontani e paralleli, un album da maneggiare con cura e dedizione, un altro interessante tassello di questi primi vagiti artistici del nuovo anno.

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