King Tuff - Smalltown Stardust (2023)

 di Antonio Paolo Zucchelli

Ci fa molto piacere ritrovare King Tuff, che non pubblicava qualcosa dall’aprile 2018, quando era uscito il suo quarto LP, “The Other“: ora è finalmente arrivato il suo successore, pubblicato da poco dalla sempre prestigiosa Sub Pop Records di Seattle e prodotto dallo stesso Kyle Thomas insieme a Sasami, sua coinquilina insieme a Hand Habits, altra presenza su questo nuovo disco.

E’ doveroso specificare che il titolo del disco, “Smalltown Stardust”, è ispirato dalla sua città natale, Brattleboro, in Vermont e parla di temi come “l’amore, la natura e la giovinezza e funge da lettera d’amore alla piccola città che lo ha formato”.

Continuando il percorso già iniziato con il disco precedente, lo statunitense anche in questo nuovo LP ha deciso di viaggiare spesso su territori psichedelici e deliziosamente pop, preferendo invece abbandonare quelli garage-rock che lo avevano contraddistinto in passato.

Basta andare ad ascoltarsi la opening-track “Love Letters To Plants” per comprendere cosa ci aspetterà: le tastiere, cortesia del sapiente lavoro di Sasami, sono tra le protagoniste insieme a un ottimo drumming e a deliziose melodie che ci portano indietro di qualche decennio in quella California calorosa, soft, ricca di suoni eleganti, tra la nostalgia e una vena di romanticismo.

Il principale singolo “Portrait Of God” ci trasferisce su terreni psichedelici e, nonostante i vocals siano riflessivi, non mancano anche le schitarrate, mentre il sole è sempre presente, così come bellissime armonie.

Proprio al centro del disco – e pensiamo che non sia un caso – si trova questa bellissima ballata chiamata “Pebbles In A Stream”, disegnata con la sei corde acustica: un piccolo gioiellino psych-folk in cui Thomas descrive i paesaggi del suo amato Vermont, facendo sentire sì una certa nostalgia, ma allo stesso tempo anche la bellezza dei suoi gentili sentimenti.

“Rock River”, invece, è una delle tracce più energiche del disco, dove c’è spazio anche per alcuni preziosi assoli di chitarra, senza comunque dimenticarsi di aggiungere qualche gradevolissimo elemento pop.

La successiva “The Bandits Of Blue Sky” poi ci trasporta verso emozionanti ricordi di sapore beatlesiano con quella sua ricchezza strumentale tra synth, arrangiamenti di archi e fiati e ancora una volta eccellenti armonie.

King Tuff continua nella sua nuova traiettoria sonora e, anche grazie all’aiuto di Sasami, riesce a costruire un disco molto piacevole e con pochissime sbavature: mentre la nostalgia del passato pervade praticamente ogni singolo attimo di “Smalltown Stardust”, la classe, l’intelligenza e la qualità del musicista nativo del Vermont lo aiutano a creare un altro lavoro decisamente positivo, piacevole e molto ricco a livello sonoro.

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