Weather Report - Live In Tokyo (1972)

Le storie musicali che ci porteranno per tutto Agosto in Giappone alla scoperta di alcuni dei dischi più belli registrati lì, in omaggio alle meravigliose Olimpiadi appena trascorse, oggi fa tappa allo Shibuya Public Hall: lo splendido teatro inizialmente fu costruito per l’altra Olimpiade ospitata dalla capitale nipponica, quella del 1964, dove si svolsero le gare di sollevamento pesi. Ma la storia di oggi ci porta in una fredda serata del gennaio del 1972, quando una band jazz che stava scompaginando le carte del genere era in Giappone per una tournee attesissima, con le sei date già tutte esaurite. Quella band era formata dal tastierista Josef “Joe” Zawinul, di origine austriaca, dal sassofono di Wayne Shorter, dal basso di Miroslav Vitouš, che è nato in Cecoslovacchia, dalla batteria di Eric Gravatt e dalle percussioni di Dom Um Romão, brasiliano. Insieme formavano un gruppo che stava dando una scossa, è proprio il caso di dirlo, al jazz innescando in maniera ancora più radicale di illustri precedenti, a cui tra l’altro alcuni membri avevano fatto parte, tecniche, strutture, strumenti e idee rock al jazz. I Weather Report, questo è il nome che scelsero, nascono infatti dalle avventure che Zawinul, Shorter e Airto Moeira, altro percussionista non presente qui in Giappone, avevano avuto con quel genio insuperabile di Miles Davis, che li volle nelle leggendarie session di In A Silent Way e Bitches Brew (entrambe 1969) poi nei tre storici concerti ai teatri Fillmore che in pratica danno le basi al genere fusion e al jazz rock. I Weather Report si spingono ancora oltre e addirittura nei primi album sfiorano quasi l’avanguardia: l’omonimo Weather Report del 1971 segna la strada di questa band come capofila del nuovo credo, con conseguente sbigottimento dei critici e del pubblico, che in un primo momento non sapevano cosa fare: è un album jazz o è un album rock?. Nel 1972 I Sing The Body Electric (che prende spunto da una poesia di Walt Whitman del 1855 poi ripresa anche da Ray Bradbury per un racconto di metà anni ‘60) comprende tre tracce che furono registrate durante il concerto giapponese, ma solo nel disco di oggi, Live In Tokyo, è possibile ascoltare per intero quella performance. Per questo motivo, inizialmente il disco fu pubblicato solo in Giappone, ma poco dopo la CBS decise di importarlo anche negli Stati Uniti e in Europa: solo nel 1998 però verrà ufficialmente pubblicato per i due grandi mercati, grazie alla ristampa in due cd della Columbia. Musicalmente il disco è portentoso, e quasi schernisce il coltissimo pubblico giapponese, che anche di jazz sa tantissimo: tutto è accelerato, i suoni sono rombanti e scheggianti, soprattutto quello di Gravatt alla batteria, il jazz che esprimono sa di avanguardia. I brani sono in pratica dei medley che fanno durare le performance dai dieci ai trenta minuti, dove ogni brano cambia camaleonticamente colori, vibrazioni, innesti, per una esperienza dal vivo che diventerà un marchio per le future esibizione del gruppo, che acquisirà ben presto fama di assoluta esplosività live. Vertical Invader/Seventh Arrow/ Doctor/Honoris Causa è il paradigma di quella esuberanza musicale, serrata, senza respiri, dove tutto il quintetto propone questo desiderio di forza e vitalità. Surucucú/Lost/Early Minor/Directions che fanno parte con Vertical Invader, Doctor e Honoris Causa della fine di I Sing The Body Eletric, qui virano decisamente al genere free, con il sax di Shorter che naviga nello spazio sul tappeto di percussioni di Um Romão. Orange Lady di Zawinul sembra un intermezzo per prendere fiato, poi si continua con i due medley finali con Eurydice/The Moors ( firmato Shorter) e Tears/Umbrellas dove è mirabile e sensazionale la ricerca di quella fusione che il loro stile definirà in tutto: echi elettronici, momenti degni del prog, in massimo auge in quegli anni di inizio decennio ‘70, psichedelismo, ma ancora corde ben tese verso i generi classici del jazz, new thing, hard bop, modale, world music. Rimane un documento essenziale di una rivoluzione che la band continuerà anche per altre strade, dopo l’arrivo nel gruppo del fenomenale bassista e compositore Jaco Pastorius. Un disco che ancora una volta segna la particolare emozione che un live in Giappone riesce a dare a musica e musicisti.

Commenti

E T I C H E T T E

Mostra di più