All These Things That I’ve Done - The Killers

 di Mirko Tondi

Certi pensieri si palesano la mattina, appena ti svegli, come se avessero avuto tutta la notte per raggiungerti e aspettarti all’angolo. E certe mattine hai una canzone in testa che ti fa da sottofondo, non sai perché, ma c’è, come se il tuo cervello si fosse autosintonizzato su determinate frequenze. Eccomi là: quello sono io e queste sono tutte le cose che ho fatto, mi dico. È una versione di me che è depositata nel passato, una figura sempre più evanescente, quasi astratta, mentre gli oggetti, i libri letti e quelli che non leggerò mai (per lo più dozzinali raccolte comprate in edicola, con la grafica standardizzata e i numerini crescenti sul dorso), i dischi ascoltati, le fotografie incorniciate sulle mensole, i quadri appesi alle pareti, tutto questo ammasso di materia e ricordi – evidenza, al contrario, di qualcosa di tangibile – è qui, davanti ai miei occhi.

Voglio splendere nel cuore degli uomini

C’è sempre un lieve scarto tra chi siamo e ciò che abbiamo fatto, uno scarto rappresentato da due dimostrativi. È che abbiamo bisogno di guardarci a distanza rispetto al passato, un passato – fosse pure recente – che ci mostra, alla maniera di un film riavvolto velocemente, la sintesi delle nostre esperienze; che poi, alla fine, ci ricordiamo sempre le stesse (come ha detto Ennio Flaiano, “I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume”).

Sono così tanto più vecchio di quanto posso sopportare

Non si può scegliere quali ricordi trattenere e quali no, e anche se un giorno pensiamo Come sto bene, mi piacerebbe tanto tra qualche anno ricordarmi esattamente questo momento, ciò che stavo pensando e che stavo facendo… poi magari quel giorno diventa uno come tanti e fugge via, non riusciamo a ripescarlo più nella memoria. Le cose limpide galleggiano sul mare del caos e intanto inseguiamo la nostra identità, che risulta sempre fuori fuoco, perché in continua costruzione.

Ho bisogno della direzione verso la perfezione

E stamani mi è venuto da pensare proprio a questo: a quanto fosse ancora incompleta la mia identità. Quante vite ci vorrebbero per essere l’individuo che vorrei essere e di quante altre avrei bisogno per fare tutto quello che vorrei fare? Certo non sono il primo a pormi queste domande, e mi pare che tutto quello che so l’abbia letto prima nei libri, o quantomeno che i libri abbiano dato forma e sostanza a certe riflessioni che avevo già concepito ma che erano rimaste inespresse.

Sai che devi aiutarmi

“Ho tante di quelle cose da raccontare che bisognerebbe che viva cent’anni, smetta no di scrivere, per farvi conoscere le premesse… duecento anni per ben immanicare… e voi capireste mica tutto…” Questo è ciò che dice Louis-Ferdinand Céline in Pantomima per un’altra volta, attraverso il suo originale impasto di sgrammaticature, neologismi e puntini di sospensione.

Ho un’anima, ma non sono un soldato

Mi chiedo se riuscirò mai a scrivere il libro che volevo scrivere, e se anche così fosse non ne sarò mai soddisfatto. Arrivati a questo punto, sono sicuro che non potrò mai fare il lavoro che sognavo. E i posti che vedrò per quanto durerà la mia esistenza saranno sempre troppo pochi rispetto a quelli che vorrei vedere. Nonostante tutto, la luce qualche volta riesce a toccarmi.

Mentre tutti sono persi, la battaglia è vinta

Ci si sente arresi di fronte al buco nero dell’ignoranza, e prima o poi si pensa che sia meglio lasciarsi risucchiare. Non ho mai combattuto altre guerre all’infuori di quella che combatto ogni giorno con me stesso. E a volte mi pare abbastanza.

Con tutte queste cose che ho fatto

Mi piacerebbe lasciarmi andare alla retorica più vecchia del mondo, quella che ci dice che non apprezziamo mai abbastanza le cose che abbiamo, e quanto sia invece più facile lamentarci, cadere nel gorgo dell’insoddisfazione.

Tutte queste cose che ho fatto

Guardo i miei figli e mi rendo conto di aver fatto qualcosa di buono. Eppure so che questo pensiero potrebbe non bastare, quando le bestie torneranno ai piedi dell’albero. Abbarbicato su me stesso, in questo groviglio di rami, cerco di fare l’unica cosa possibile.

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E T I C H E T T E

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