Tedeschi Trucks Band – I Am The Moon: I. Crescent (2022)

di Matteo Fratti

I Am The Moon – È di poco più di un anno fa la testimonianza su disco del “Live At Lock’n” della Tedeschi Trucks Band, in cui l’ensemble allargato di Derek Trucks e Susan Tedeschi riproponeva musicalmente al festival di Arrington (Virginia) 2019, l’affinità elettiva per il celebre doppio del 1970 “Layla And Other Assorted Love Songs”, col loro omaggio dal vivo “Layla Revisited”. In quel set riproposero in ordine di traccia le canzoni dell’ormai classico long playing, che mal celava dietro all’identità di Derek And The Dominos la vicenda americana di sua maestà Eric Clapton, con la partecipazione di Duane Allman.

Basti solo pensare che Trucks deve il suo nome a quel 33 giri e Susan ne festeggia assieme il compleanno, per cogliere appena superficialmente la profonda relazione di questi musicisti alle radici che ne hanno contraddistinto, intrecciandole, le loro vite (non solo professionali). Ecco perché, prima ancora che lo sapessero, stava già prendendo forma al concerto di Arrington l’idea che il cantante Mike Mattison ha poi suggerito all’indomani dello stop pandemico, ormai a casa da un paio di mesi, di condividere la lettura del poema “Layla & Majnun” da cui scaturì il progetto di Clapton, dell’autore persiano del  dodicesimo secolo Nizami Ganjavi.

Un elemento di raccordo in un momento di distanza, per l’orchestrale band a conduzione familiare che via via ha maturato nuovi spunti creativi prima di ritrovarsi in studio, a gennaio 2021, per quel che se ne esce ora qual personale rilettura della vicenda da cui partirono già Slowhand e compari.

“I Am The Moon”, senza girarci troppo intorno, è un concept, quinto lavoro della Tedeschi Trucks Band, che si schermisce dicendo che per essere apprezzato, un disco, deve durare poco più di mezz’ora (come i classici a cui si ispirano, citando “Axis: Bold As Love” degli Experience). Poi ti suona quasi più di due ore di musica in questo progetto quadruplo che giocoforza, verrà distribuito nel corso dell’estate, le uscite in quattro capitoli; a settembre poi, definitivamente in un box.

Qualcosa in odore d’altri tempi, di quando il sostrato musicale ha sancito la connessione di molteplici linguaggi artistici nel passaggio dalla psichedelia al progressive, espandendo l’ibridazione culturale in un melange non sempre rispettoso degli elementi, fintanto da intendersi in talune estremizzazioni, addirittura come “freak”. Nulla di così bizzarro, sia chiaro, per “I Am The Moon”, che pur essendo originale infatti non esce dagli schemi, evocando in certi canoni espressivi di paesaggi in musica, un che di sonorità “hippie postmoderne”.

Sarebbe quasi un’ “opera”, non fosse che neppure ancor si parla di rappresentazioni teatrali, ma a renderla più fruibile e apprezzabile, la divisione in capitoli verrà accompagnata, in sintonia coll’era digitale, da caleidoscopici filmati, a documentarne visivamente l’ascolto. C’è di mezzo persino il sito artistico di Pasaquan a Buena Vista, Georgia, dell’artista folk Eddie Owens Martin, che da trent’anni a questa parte ha creato un contesto architettonico di simboli e design etnico – religioso, africano e precolombiano, preferito per gli sfondi d’altra prospettiva da cui la band rilegge la storia di Layla: quella di Layla, appunto.

Una rivisitazione di genere che fonde, con questo punto di vista in linea coi tempi, anche gli orientalismi che già segnarono un’epoca, tra “I vagabondi del Dharma” e John Coltrane. Solo le incursioni raga indiane che Trucks infila da sempre nelle sue atmosfere uniche, ma eredi di “zio” Duane, acquisiscono ancor più senso contestualizzate nei titoli delle prime narrazioni musicali in uscita, tali “Crescent”, e “Ascension”.

I. Crescent – Con una premiere audiovisiva di fine maggio sul canale youtube della band, dal 3 giugno è accessibile l’ascolto che inaugura la “luna crescente” della TTB in cinque tracce, l’idea che non esce dal formato vinile e i brani eterei, estesi in un fluido gorgoglio musicale che inizia con la dolcissima “Hear My Dear” per voce di Susan e cresce, appunto, con la più festosa “Fall In”, la voce soul di Mattison in grande spolvero e un tiro da parata con ottoni per il Vieux Carré di New Orleans, in dissolvenza. Pare invece come un pezzo di Jeff Buckley la traccia – titolo dell’intero progetto, condivisa dalle voci e ancora Susan nel tema portante, sognante per ciò che suona e rappresenta. Sarà quindi “Round The Sun” ad assecondare gli umori orientalistici che da questo cantato sbocciano infine nella strumentale “Pasaquan”: spaziale come un cielo stellato, aperta perché il viaggio continui.

II.Ascension – 29 giugno, 3 del mattino (ora italiana): neanche fosse un diario di viaggio, è così che recita il comunicato per il secondo tempo “filmico” di cui ne diamo anticipazione, uscita estiva d’inizi luglio e un secondo titolo che pare di citare John Coltrane. Qui le tracce saranno sette e se l’incipit molto r’n’b caratterizza il binomio d’apertura “With My Emotions” – “Ain’t That Something”, è con “All The Love” che le sfaccettature più cool si fanno sentire, con motivi arabeggianti nella chiosa del pezzo; qualcosa che poi evolverà nelle articolazioni stellari di “Rainy Day”; non prima che “So Long Savior” restituisca il pezzo più blues del lotto, motivo acustico e deltatico in cui ritrovarcisi vien più naturale. Se “La Di Da” non aggiungerà musicalmente niente di nuovo, la chiusura di “Hold That Line” evocativa e ascendente, aprirà già alla prossima puntata.

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