Sirom - The Liquified Throne Of Simplicity (2022)

 di Gianfranco Marmoro

Anche la follia, la libertà sessuale, la ribellione, la desacralizzazione della fede e la destabilizzazione della famiglia sono entrate a far parte della cultura dominante. L’umanità scimmiotta termini pregnanti e di alto valore simbolico come democrazia, spiritualità e natura, affidandone le sorti filosofiche a improvvisatori delle note e della parola, mesti poeti e altezzosi musicisti, il cui unico merito è quello di tenere in vita un patrimonio storico e culturale, che ancora attende la definitiva consacrazione dalla storia. In questo pur piacevole e a tratti stimolante groviglio di realtà e rappresentazione, si può ancora udire il richiamo selvaggio dell’illuminazione e dell’ascesi creativa, e ha un nome: Širom.

Slovenia, ultima frontiera di un incontaminato avant-free-folk, che solo per spocchia del recensore in cerca di assonanze plausibili può essere assimilato a esperienze pregresse. Intensa e vivida proiezione di un mondo interiore eppur immaginario, “The Liquified Throne Of Simplicity” è la punta di diamante di un trio in continua evoluzione, un progetto che si erge fiero e distante dalle opere precedenti, e nello stesso tempo vigorosamente legato a esse. Iztok Koren, Ana Kravanja e Samo Kutin, ovvero i Širom, entrano in simbiosi con molteplici strumenti - viola, ocarina, mizmar (una ciaramella turca), ribab (uno strumento marocchino simile a un violino), daf, balafon, guembri (un basso acustico a tre corde), banjo, ghironda, liuto, il tambura brač e un carillon – aggiungendo a questi una serie di oggetti convertiti in strumenti o creati artigianalmente dai tre musicisti.

Con questo vasto corpo strumentale dalla natura organica e palesemente neo-folk (nel senso più innovativo possibile finora conosciuto), il trio sloveno bonifica e rimodella il concetto di folk come espressione della cultura popolare.

Ora che il termine popolare è assunto a pura ostentazione merceologica, la vera forza dell’uomo resta l’Io, incontaminato e libero di esprimersi attraverso una raffigurazione dei sentimenti che sfugga al sempre più potente sfruttamento e svilimento dell’inconscio.

Mai il termine catarsi fu più idoneo a raccontare di questi settantasette minuti di alchimie sonore embrionali, pronte a librarsi tra esoteriche architetture dai confini marginali, dove l’immaginazione fluttua senza fili o legami. “The Liquified Throne Of Simplicity” è un disco non indenne da assonanze stilistiche già note, ma più che richiami sono conseguenza del comune logos. 

Aliena alla disciplina del formato canzone, che pur contrassegna l’attuale psichedelia, la musica dei Širom predilige forme libere, quasi rituali e arcaiche, intercettando in un unico brano (“Pári Se Ovenelo Praznoverje = Wilted Superstition Enganged In Copulation”), l’Africa di Sun Ra, l’esoterismo di Terry Riley e la musica del quarto mondo di Jon Hassell.

Ottanta minuti divisi in quattro lunghi brani e un breve epilogo sono l’ossatura di un racconto sonoro che appartiene a un’altra dimensione, spesso ignota o volutamente rinnegata. Ma per quanto appaia alieno, il mondo degli sloveni è intrinseco, profondo, radicato nella comune esigenza di essere diversi eppur in completa sinergia. Così si muovono infatti i tre musicisti nelle pieghe di “The Liquified Throne Of Simplicity”, il suono è collettivo ma altresì compatibile con una mente unica. Di questo beneficiano soprattutto le descrittive e delicate vibrazioni world-folk di “Pase, Zguba, Pada V Spanec = Grazes, Wrinkles, Drifts Into Sleep”, una festa di insoliti strumenti acustici che, tra accenni melodici di viola e balafon, prospera fino a lambire il caos a suon di droni e idiofoni.

L’altro regno nel quale gli sloveni cercano ispirazione è geologicamente caratterizzato da grotte, foreste, inaspettati spazi aperti, dove riecheggiano il suono dei tamburi, la seduzione del canto, sogni e illusioni, improvvisazione e prudenza “Poper Obelodanim Izgine = I Unveil A Peppercorn To See It Vanish”.

Lì dove Gong, Frank Zappa, Don Cherry, Jon Hassell, Can e tutta la corrente post-rock ha trovato seme, i Širom si districano con sapienza e sana incoscienza, dando vita e forma a surreali jam session che, pur legate da un comune linguaggio, si diversificano fino alla completa autonomia (“Modrikasto Kresničenje = A Bluish Flickering”).

I quasi diciannove minuti di “Seže S Kostjo V Ogenj Se Prevrne S Kačo = Prods The Fire With A Bone, Rolls Over With A Snake” sono i più avventurosi e intriganti dell’album: vocalizzi e melodie sconnesse intercettano viole, violini, banjo e una pletora di atipici strumenti messi al servizio di graffi sonori e ritmi smussati e vellutati quasi naif; il surrealismo degli sloveni raggiunge l’apoteosi, le note sono come sprazzi di colore su una tela o come fiamme che sgorgano dall’acqua, la musica dei Širom intercetta tutto lo scibile sonoro possibile, perfino il metal, senza mai cedere ad alcun rigore stilistico.

Ogni suono, ogni dettaglio è parimenti rilevante. Sperimentazione e spiritualità viaggiano in sincrono, intercettando nuove forme di esoterismo (“Poper Obelodanim Izgine = I Unveil A Peppercorn To See It Vanish”). Ogni brano è una perla preziosa, ognuna di taglio e colore diverso, perfettamente incastonate nel gioiello più splendente e rigoglioso forgiato negli ultimi tempi.

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