The Boomtown Rats – Citizens Of Boomtown (2022)
di Marcello Valeri
Con pandemico ritardo eccomi a recensire un disco che nessuno si aspettava e, probabilmente, nessuno aspettava: The Boomtown Rats – Citizens Of Boomtown.
Diciamolo, nel nostro Belpaese i Boomtown Rats, con i loro 6 album all’attivo escluso questo non hanno mai realmente sfondato a livello di popolarità. Di loro si amò il singolone I Don’t Like Mondays che è divenuto una vera e propria antonomasia spesso usata anche in varie pellicole come sottofondo e che accompagna talvolta anche le orecchie interiori di qualcuno tra gli ultimi minuti della domenica sera e il primo bus il lunedì mattina…
I Boomtown dovettero molto della loro popolarità al leader, il Bob Geldof che assurse a celebrità globale con l’organizzazione del Band Aid, ovvero l’iniziativa benefica culmine degli anni 80 iniziata con il singolo all stars Do They Know It’s Christmas Now e proseguita con il broadcast mondiale dei due Live Aid in quasi contemporanea in Inghilterra e America. Da lì in poi, una carriera solista con alti e bassi e poi un quasi oblio.
The Boomtown Rats – Citizens Of Boomtown: il singolo dava speranze di vita…
Pare quindi strano che il Geldof abbia deciso di riunire i vecchi sodali per tornare a cantarcele e devo dire che il singolo Trash Glam Baby prometteva bene, un inno tra Sweet e Slade trascinante ed accorato, forse pure troppo, ma che lasciava nelle orecchie un gradevole senso di nostalgia canaglia… Peccato però che l’uscita dell’album mi abbia, invece, abbastanza deluso. Una caratteristica dei primi Boomtown era senz’altro un discreto songwriting vestito di una new wave simpatica e guascona, spesso con toni umoristici ma qui siamo al catalogo altrui.
…mentre in realtà…
Già dal secondo brano Sweet Thing ti domandi se non stai ascoltando un’antologia di band degli anni ’70 piuttosto che il prodotto coeso di una band e così si va avanti, con Monsters Monkey che fa il verso tardivo alla Madchester che chissà chi ancora ricorda, She Said No potrebbe benissimo essere un prodotto del peggior pub blues, condita da un irritante chorus che ripete No anche per me.
Passing Through vorrebbe essere la ballatona sentimentale, c’è persino un pò di enfasi Oasis salvo poi diventare un clone di Jarvis Cocker senza l’intelligenza del Pulpiano. Con Here’s the Postcard ariecco l’entusiamo, clap clap, non si capisce se si va verso Bob Dylan o Tom Petty. K.I.S.S., scritto come un acronimo non sarebbe sfigurata in Cut The Crap dei Clash, e non è un complimento. Rock’n’Roll Ye Ye, giuro che si intitola così paiono i Def Leppard mentre Get a Grip che dal titolo mi evocava suggestioni stranglersiane non a caso pare proprio essere un tentativo di ripetere i fasti della formazione di Cornwell & co. ma l’anima sta da un’altra parte.
Un disco senza senso
Dulcis (?) in fundo si conclude addirittura con The Boomtown Rats, titolo che forse vuol ricordare all’ascoltatore chi ha ascoltato sino ad adesso perché senz’altro se lo sarà già dimenticato. Canzone che vorrebbe essere anthemica e invece risulta anemica, la si sarebbe perdonata a una neoformazione da rave ma non a questi senili cercatori di altrui risorse economiche. Non so se si è capito che è una delle robe più imbarazzanti che mi sia mai capitato di ascoltare negli ultimi anni.
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