Storia della musica #2

Rock & Roll

Spesso il rock’n'roll viene indicato come una fusione tra country e rhythm’n blues, la sua data di nascita viene fatta coincidere col 1954, anno della prima incisione di Elvis Presley, mentre l’invenzione del termine è assegnata al Dj Alan Freed: tutto ciò è per molti versi una distorsione, emblematica dello spirito predatorio dei bianchi nei confronti della musica nera.

Innanzi tutto, ancor prima che nasca il termine rhythm’n’blues il suono del rock’n’roll emette i suoi primi vagiti nel jump blues del Louis Jordan di “Let The Good Times Roll” e nella versione di “Good Rockin’Tonight” del suo seguace Wynonie Harris: il pezzo è di Roy Brown, che nel 1949 esce con un altro pezzo archetipo del rock’n’roll come “Rockin’ At Midnight”. Segue nel 1951 “Rocket 88” di Jackie Brenston, dove tutti gli elementi costitutivi del genere sono già saldamente al loro posto: il sax in bella vista, il ritmo travolgente, i testi che parlano di macchine, donne ed alcool.

Il 1951 è anche l’anno in cui Alan Freed, colui che vanta l’invenzione del termine, ( ma in realtà il termine girava da decenni, e titoli tradizionali blues e rhythm’n blues come “My man rock me with one steady roll” di Trixie Smith o pezzi di Wild Bill Moore quali “We’re gonna rock we’re gonna roll” o “I want to rock and roll” stanno lì a testimoniarlo), inaugura lo show radiofonico Moondog Rock’n Roll Party.

Il potenziale commerciale per il nuovo genere c’è, ma manca un interprete bianco a “legittimarlo” per il pubblico W.A.S.P.( bianco, anglosassone e protestante): pionieristica in tal senso si rivela la cover del 1951 di “Rocket 88” di Bill Haley, su insistenza di David Miller, proprietario della piccola label Holiday.

Seguiranno “Rock The Joint” ( nel 1952) e “Crazy Man Crazy” ( nel 1953) con cui Haley fa il suo ingresso nelle classifiche di Billboard: lo stesso anno in cui il rock’n’roll entrava nelle classifiche dei bianchi, Elvis Presley girava per gli studi Sun di Memphis registrando demo per il proprio piacere personale, facendosi così notare da quel Sam Phillips (produttore e proprietario degli studi Sun Records già dietro alla prima incisone di “Rocket 88”) che aveva già dichiarato che se avesse trovato un bianco in grado di cantare il rock’n’roll come un nero sarebbe diventato ricco.

È una serie di eventi più o meno slegati che raggiungono il culmine nel 1954, non tanto la data di nascita del rock’n’roll, quanto la data della sua scoperta da parte del pubblico bianco ( il boom commerciale arriverà però 2 anni dopo).

Le dinamiche di tale fenomeno sono note: “Rock Around the Clock”, cantata da Haley, inaugura il fenomeno e Presley esegue le sue prime incisioni professionali ai Sun Studios, inaugurando la sua collaborazione con Phillips con “That’s All Right Mama” (cover del bluesman nero Arthur “Big Boy” Crudrup).

Bisogna però far notare che, accanto all’elemento meramente commerciale i primi pezzi di Haley e Presley segnano anche un’importante tappa musicale: la nascita del rockabilly ( fusione, anche letterale, di rock’n’roll ed hillibilly), che risulta in effetti da una fusione tra country e rhythm’n’blues. Presley eredita le mosse ed il cantato vibrante dei neri, ma è facile sentire le inflessioni del country nella sua musica, che lo aiuterà ad esplodere commercialmente nel 1956 insieme ad altri artisti bianchi come Carl Perkins e Gene Vincent.

Il suono del rockabilly è comunque in gran parte un prodotto di Sam Phillips che utilizza lo stratagemma di sdoppiare e sfasare in studio la registrazione della voce per creare un effetto di riverbero che insieme ad un suono tintinnante della chitarra e al suono del basso acustico suonato percussivamente con la tecnica del cosiddetto slapback diviene segno distintivo del genere.

Dal 1955 il r’n'r comincia a calare i suoi assi, primi fra tutti Chuck Berry ( che esordisce su disco nel 1955), Bo Diddley ( 1955), Little Richard ( 1955), Screamin’Jay Hawkins(1956); segue il boom commerciale del 1956, legato alla seconda ondata, quella dei rockers bianchi: Jerry Lee Lewis, Johnny Burnette, CarlPerkins, Gene Vincent e lo stesso Presley, che esplode a livello mediatico lanciando la cosiddetta Presley-mania.

Sotto il profilo musicale è comunque Chuck Berry a definire il genere: perfeziona una quadratura metrica che riconduce inevitabilmente ai tre minuti di durata, fa della chitarra lo strumento principale, introduce assoli che diventeranno canoni per chiunque si avvicini al genere in futuro, si scrive i testi da solo e va a toccare tematiche tabù che diventeranno topos del genere, diventando in breve tempo un maestro della canzone a tema adolescenziale.

Little Richard spinge l’oltraggio all’america Maccarthiana e puritana a livelli inediti: testi ammiccanti, performance animalesche, travestimenti e ambiguità che anticipano il glam di almeno 20 anni; sotto il profilo musicale poi accosta per la prima volta sacro e profano fondendo il rhythm’n blues di New Orleans con il gospel. Non è l’unico ad avere quest’intuizione: nel1955, stesso anno di “Tutti Frutti “, Ray Charles desta scandalo per lo stesso motivo e con “I Got a Woman” inventa il soul (ma questa, come si suol dire, è un’altra storia).

Altrettanto influente si rivela Bo Diddley che inventa un suono chitarristico ruvido ed un ritmo boogie sincopato che si ricollega alle ritmiche africane ( ma anche a quelle latine)e che influenzerà innumerevoli artisti,primi fra tutti Rolling Stones, Yardbirds e Animals.

Seminale anche Screamin’ Jay Hawkins che riprende lo spirito istrionico e drammatico di Howlin’ Wolf e con “I Put A Spell On You” crea una formula di Voodoo Rock che ritroveremo molti anni dopo nei dischi di Cramps, Reverend NortonHeat e Tom Waits.

Anche il rockabilly ha comunque i suoi interpreti d’eccezione: non solo Presley, ovviamente, ma anche Carl Perkins, Gene Vincent, Jerry Lee Lewis, e Johnny Burnette prima, Eddie Cochran e Buddy Holly poi.

Per molti versi, comunque, Jerry Lee Lewis fa scuola a se: proveniente dal profondo sud, scritturato dai soliti Sun Studios, Lewis è un suonatore animalesco e selvaggio dal cantato psicotico, probabilmente più vicino nei suoni e nella atmosfere ai cantanti r’n’r neri, con “uno stile pianistico che è feroce quanto la chitarra di Berry”, che traghetta il boogie nelle acque del rock’n’roll più furibondo.

I canoni del genere vengono definitivamente rivisti e rivoluzionati da Eddie Cochran, Link Wray e Buddy Holly: il primo, esploso nel 1957 con “Sittin' in the Balcony”, si colloca idealmente a metà strada tra Presley e Berry: pur muovendosi infatti nel filone del rockabilly, Cochran adotta lo stile sintetico di Berry e come quest’ultimo si scrive da solo i pezzi; non solo: sperimenta anche nuove tecniche di registrazione e di sovraincisione. Pionieristico anche Link Wray, il più importante autore di rick’n’roll strumentale degli anni ’50, che nel 1958 incide quella “Rumble” che inventa i power chords e si rivelerà influenza fondamentale per il rock chitarristico più abrasivo degli anni ’60, da Townshend a Page, passando per Hendrix.   Ancora più grande è la quieta rivoluzione attuata da Buddy Holly: rivoluzione che da una parte riguarda l’immaginario stesso del rock’n roll, sostituendo allo stereotipo del giovane ribelle il suo esatto opposto, figura occhialuta e docile che si contrappone idealmente alle figure ribelli di Presley e Cochran e dall’altra, soprattutto, tocca la sfera musicale: Holly inventa il celebre cantato a singhiozzo, si affianca a Cochran nella sperimentazione di nuove tecniche d’incisione e inventa progressioni armoniche inedite: così, accanto a pezzi rockabilly più o meno canonici come “Peggy Sue” (che comunque faceva uso di cambi nel volume e nel timbro della chitarra normalmente riservati ai dischi strumentali ), si affiancano ballate come “Everyday” o “Worlds of Love” ( in cui il raddoppio della traccia vocale costituisce quasi un prototipo del suono che renderà celebri i Beatles) che sono già un’altra cosa rispetto al rock’n roll di pochi anni prima, musica melodica al confine tra country, folk e rock che anticipa ( ed ispira) i suoni e le armonie della cosiddetta British Invasion.

Non è un caso che, alla tragica morte di Holly nel 1959, sia associata la fine della stagione d’oro del rock’n roll, quella che segna l’ascesa delle piccole etichette indipendenti che per prime si erano buttate nella “nuova musica” arrivando a strappare alle major metà del mercato. Un piccolo lasso di tempo ( tre anni circa, almeno per il pubblico bianco) in cui il concetto stesso di musica leggera viene rivoluzionato: il rock’n’roll segnala al mondo la presenza di un pubblico musicale giovane ( esattamente come, quasi quarant’anni prima l’esordio discografico di Mamie Smith aveva fatto scoprire il pubblico musicale nero) ed eredita dall’universo nero non solo la musica ( cosa già successa varie volte i passato, basti pensare al Jazz di New Orleans e allo swing), ma, per la prima volta anche lo spirito diretto ed esplicito, anche nella trattazione di tematiche tabù come quelle sessuali.

Ma è cosa nota che ad ogni rivoluzione segue un processo di restaurazione: in poco tempo l’ondata destabilizzante del r’n’r viene arginata,gli irriverenti solisti rock’n’roll sostituiti dai rassicuranti teen idols e le istanze di ribellione messe a tacere. Se ne riparlerà tra poco…

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