Son Volt - Electro Melodier (2021)
di Jacopo Meille
Chissà se Jay Farrar, leader e fondatore dei Son Volt, se la vive bene a essere considerato tra i padrini del genere “Americana” e “Alternative Country”. Tutte le vote che ascolto un nuovo disco della band, io mi ritrovo solo a godere delle loro canzoni senza troppo soffermarmi a definirle.
“Electro Melodier”, fuori su Thirty Tigers il 30 luglio 2021, non è da meno; un disco solido, onesto e ricco, con una forte dose melanconica che non frena il ruggire delle scalette. E non poteva essere altrimenti visto la scelta di chiamare l’album utilizzando due nomi di famosi amplificatori degli anni ’50 e ’60.
Le canzoni dei Son Volt raccontano l’America, come tante altre, ma hanno il pregio di soffermarsi sui particolari: è come se, entrando in un qualsiasi bar posto lungo una delle innumerevoli interstatali, potessi leggere nella mente di chi si trova al suo interno, ora seduto al bancone, o che gioca a biliardo in fondo alla sala o che è appena andato al cesso. La voce di Farrar, a metà strada tra quella di Michael Stipe e Tom Petty, ci inonda del suo flusso di coscienza, dei suoi pensieri e delle suoi ricordi o sogni.
Melanconia, non tristezza, questo il sentimento che domina il disco, con questo costante rimando sonoro al passato, con l’organo hammond che, sornione, tesse la sua tela armonica mentre le chitarre acustiche sembrano segnare lo scorrere inesorabile del tempo, come lancette polverose di un orologio che da troppo tempo è appeso in una cucina in cui non si cucina da tempo, ma si consumano solo cibi precotti. “These Are The Times”, canta Jay, e mentre canta queste parole, è come se in lui ci fosse il desiderio che qualcosa cambierà, ma la speranza e le forze sono sempre più labili.
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