Los Lobos Native Sons (2021)
di Aldo Pedron
Tra il 2020 ed il 2021 abbia rischiato di perdere irrimediabilmente i Los Lobos. Stavano seriamente pensando di smettere definitivamente e di sciogliersi. Mancavano stimoli, l’adrenalina dei concerti ed una certa apatia. La media dei loro concerti era di circa 100 ogni anno dal 2000 senza soste. Non ricordano di essere restati a casa prima della pandemia per oltre un mese. Ed anche in quel mese erano comunque indaffarati in session, produzioni e quant’altro. Per fortuna durante la pandemia si riuniscono e decidono di incide un nuovo disco. Firmano per la New West e pubblicano ora il loro 17° album ufficiale. La band nasce nel 1973 (48 anni fa) e il loro debutto discografico è datato 1978 con Just Another Band From East L.A., da allora sono passati 43 anni.
Per la New West doveva essere un nuovo album con loro composizioni ed invece è una ode alla musica, al sound di Los Angeles, la città degli Angeli, con delle brillantissime cover.
Se New Orleans ha il jazz, Chicago il blues, Nashville il country, Detroit il soul, Los Angeles ha l’intero jukebox.
Un album con gli stili, i ritmi, il sound e le canzoni a loro più care in assoluto degli anni ’50, ’60, ’70 e ‘80. I Los Lobos, sono sempre stati ispirati da ciò che li circonda e dal luogo che chiamano casa, Los Angeles o per meglio dire East L.A. (la zona est di Los Angeles) dove sono nati e cresciuti. Un vero e proprio omaggio, una lettera d’amore, come dicono loro, alla loro città. La loro musica è influenzata dal tex-mex, rock and roll, country, zydeco, folk, R&B, blues, soul ed anche dalla musica tradizionale come cumbia, mambo, calypso, boleros, salsa, merengue e soprattutto norteños (corrido, ranchera, polka, huapango).
John Allen presidente della New West Records di Nashville ricorda con orgoglio come Jerry Garcia abbia detto che la miglior cover di Bertha dei Grateful Dead non sia dei Dead stessi ma bensì la versione dei Los Lobos. Nel nuovo disco ci sono le basi di ogni tipo di musica californiana, versante Los Angeles East L.A. gli elementi soul, i pezzi chicano, i suoni e ritmi messicani e degli hippies di Laurel Canyon.
Ognuno nella band ha scelto un brano, una cover e l’hanno incisa. Il 70enne bassista Conrad Lozano, da fan dei Beach Boys (ndr. tutti i Los Lobos sono amanti dei Beach Boys ma Lozano l’ha spuntata lui!) ha deciso per Sail On Sailor, un pezzo firmato a 5 da Brian Wilson, Tandyn Almer, Ray Kennedy, Jack Rieley e Van Dyke Parks, cantato come voce solista dal chitarrista sudafricano Blondie Chaplin e pubblicato dai Beach Boys come singolo e tratto dall’album Holland del 1973. Una versione quella dei Los Lobos davvero riuscita e coinvolgente, splendidamente cantata da David Hidalgo.
Native Sons vede come brano d’apertura Love Special Delivery, un pezzo rhythm and blues (R&B)/soul del 1966 dei Thee Midniters celebri per brani come Whittier Blvd e The Ballad Of Cesar Chavez, una band a cui i Los Lobos devono molto ed il primo gruppo chicano (the best latino rock band degli anni ’60). Il trombone di Dannie Ramirez e le tastiere di Phil Parlapiano arricchiscono il suono decisamente prorompente.
Misery è stato un hit per Barrett Strong (un singolo su Tamla del 1961) ed un artista di Detroit che si spostò a Los Angeles quando si trasferì la stessa Motown (Tamla-Motown). Il medley Bluebird / For What It’s Worth (quest’ultimo brano capolavoro assoluto) è dedicata ai Buffalo Springfield.
Il rock chicano è ben rappresentato qui con tre cover di tre gruppi importanti: Thee Midniters, Premiers e Jaguars.
Farmer John é un rhythm and blues del 1959, composto da Don “Sugarcane” Harris e Dewey Terry più conosciuti come il duo Don And Dewey. I Los Lobos però si rifanno alla versione garage-rock di The Premiers che la incisero nel maggio del 1964.
Jamaica Say You Will é di Jackson Browne dal suo album di debutto del 1972, una ballata molto dolce per voce e piano nel pieno stile dell’artista e nell’originale con Clarence White alla chitarra acustica. I Los Lobos riescono a renderla ugualmente soft e deliziosa.
Never No More è un omaggio all’autore, Percy Mayfield, musicista leggendario, soul man e bluesman che si trasferì a Los Angeles nel 1942 qui in una versione decisamente jump-blues con Jason Lozano (il figlio di Conrad) alla batteria.
Native Son compostada David Hidalgo (la musica) e Louie Perez (il testo) è l’unico brano composto dalla band che dà il senso a quest’album di cover con David Hidalgo Jr. alla batteria per la capacità davvero unica del team d’autore capace di scrivere melodie e parole così toccanti e a tema con la musica figlia- nativa della west-coast e Los Angeles.
Los Chucos Suaves è una rhumba di Lalo Guerrero Y Sus Cinco Lobos incisa originariamente su 78 giri nel 1949 e qui con il sax baritono di Steve Berlin in evidenza. Pacheco music per un brano reinterpretato anche da Ry Cooder nel suo album Chavez Ravine del 2005.
Dichoso di Willie Bobo aka William Correa (1934-1983) dal suo album Feelin’ So Good del 1966, riporta i Los Lobos indietro nel tempo, al periodo in cui suonavano ai matrimoni e dove la band suonava anche due o tre volte a notte. I brani di Willie Bobo e Lalo Guerrero sono autentici hit, successi di puro mainstream-pop, una melodia ed un ballo cheeck to cheek (guancia a guancia).
The World Is A Ghetto é un pezzo degli War di Lee Oskar, un coinvolgente soul/funk del 1972 con il sound dei Los Lobos a loro agio con una canzone simile. Alla voce solista Little Willie G, l’ospite speciale che cantava anche nella versione originale degli War e qui con i cori di Barrence Whitfield e Jacob B. e Jason Lozano alla batteria.
Dal primo repertorio rockabilly e blues-rock dei Blasters, i Los Lobos hanno scelto Flat Top Joint composta da Dave Alvin e tratta dall’album American Music edito dalla Rollin’ Rock Records di Ronnie Weiser nel 1980.
Chiude Where Lovers Go, un classico strumentale dei Jaguars del 1965, composta da Mario Panaguia che è stato il road manager dei Tierra durante una loro tourneé (la band di Conrad Lozano prima dei Los Lobos). Un modo gentile ma riuscito di salutare e dire addìo.
Un album ricco di sonorità e di belle canzoni filtrate con l’accuratezza, la passionalità e la bravura dei Los Lobos che non hanno eguali. Ci sono brani di Jackson Browne, Thee Midniters, The Beach Boys, Buffalo Springfield, Willie Bobo, War, Lalo Guerrero, Percy Mayfield, Premiers, The Jaguars e non è finita.
La band nel disco è composta come sempre dalla super consolidata formazione con David Hidalgo (voce, chitarre), Louie Perez Jr. (voce, chitarre), Cesar Rosas (voce, chitarre, basso, organo Hammond B3), Conrad Lozano (voce, basso) e Steve Berlin (sax, midisax, tastiere).
Oltre a loro ci sono diversi ospiti tra cui i figli David Hidalgo Jr. e Jason Lozano entrambi alla batteria, Little Willie G (voce), Barrence Whitfield (cori), Phil Parlapiano (tastiere), Dannie Ramirez (trombone).
L’album con 13 brani in totale è uscito in doppio vinile inciso su tre facciate, in CD e digital per New West Records.
I Los Lobos anche se siamo già consapevoli da sempre non sbagliano un colpo e Native Sons ne é una piacevolissima conferma.
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