The Oscar Peterson Trio - Night Train (1963)

In questo mese di Settembre dedicato al pianoforte jazz, non potevo sottrarmi dal parlare di lui: Oscar Peterson è stato uno dei più grandi pianisti del jazz. Come gli altri grandi di cui ho parlato in queste domeniche settembrine, mi preme specificare che il loro è stato un ruolo decisivo nella diffusione del jazz: la tecnica di Peterson, la sua abilità espressiva e l’esecuzione di standard che diventeranno leggendari hanno reso il jazz degli anni d’oro popolare e ascoltato, sebbene dal punto di visto creativo sia minore il suo apporto all’evoluzione del jazz. Canadese, classe 1925, in 60 anni di carriera ha suonato migliaia di concerti, tutti estasiati dalla sua tecnica sopraffina, che Duke Ellington definiva degna del “Maharaja of the keyboard”. Di struttura fisica possente (alto quasi 2 metri) a 14 anni vinse il premio nazionale per i giovani pianisti della radio Nazionale canadese, cosa che gli permise di andare a Montreal e studiare pianoforte e composizione. Giovanissimo, ebbe l’occasione di suonare per Maynard Ferguson e di suonare per uno show settimanale alla radio, che gli permise di avere a vent’anni una reputazione di esperto dello swing dalla tecnica sopraffina. L’incontro della vita Peterson lo ha proprio grazie alla radio: lo sente infatti durante un viaggio a Montreal Norman Granz, il leggendario impresario jazz e fondatore della Verve Records, che impone al suo autista di portarlo alla radio dove sta suonando questo ragazzo. Granz sarà il suo manager per tutta la carriera e come primo ingaggio la fa suonare alla Carniegie Hall di New York per uno dei suoi mitici Jazz At The Philarmonic Concerts (che dureranno dal 1944 al al 1983, con il meglio del jazz mondiale). Percorrere la carriera di Peterson significa scandagliare oltre 250 dischi ufficiali, migliaia di registrazioni live che gli valsero 8 Grammy Awards, una valanga di premi Internazionali da riviste, Festival, votazioni di aficionados jazz. Peterson ha suonato con Art Tatum, che lo considerava il suo discepolo più bravo, con Louis Armstrong (un disco leggendario è Louis Armstrong Meets Oscar Peterson del 1957), Stan Getz, Ella Fitzgerald, per una serie di dischi meravigliosi. Indico però forse il suo disco più bello e famoso, suonato con il famoso Trio con Ray Brown al contrabbasso e Ed Thigpen alla batteria. Night Train raccoglie registrazioni del 1962 ed esce a metà 1963, con in copertina uno scatto del grande fotografo Peter Turner e in copertina le note di Benny Green, sassofonista, scrittore e conduttore radiofonico che nel suo show domenica della BBC fu figura fondamentale nella diffusione del jazz in Europa. In scaletta originale 11 brani che diventano 17 nella versione CD, quella che ho nella mia collezione e che è il mio riferimento. Si passa in rassegna il meglio degli standard jazz ma con il cuore legato al blues, sin da quella Night Train che da il titolo al disco che si lega a C Jam Blues di Ellington, per poi spaziare nello swing, che come lo suonava lui nessuno sapeva fare, di Band Call (sempre di Ellington) o Moten Swing di Benny Moten. Il ritmo è elegante e coinvolgente, con la ritmica di Brown e Thigpen che accompagnano il tocco leggero, squillante e preciso di Peterson, che suona una versione dolcissima di Georgia On My Mind, I Got It Bad (And That Ain’t Good) e una sua opera autografa, Hymn To Freedom. Nei brani aggiunti nel Cd, classici come My Heart Belongs To Daddy di Cole Porter, Now’s The Time di Charlie Parker, This Could Be The Start Of Something, canzone popolare che era la sigla del Tonight Show di Steve Allen, che era la trasmissione televisiva più vista della NBC negli anni ‘50. In più c’è una bellissima versione di Volare, cioè Nel Blu Dipinto Di Blu di Modugno-Migliacci che nella vewrsione inglese aveva il testo di Mitchell Parish. Oltre a contenere i migliori pezzi di Peterson, l’album merita per la sua eccellente qualità tonale ed il suo alto standard di qualità di stampa garantito dal lavoro in registrazione di Val Valentin prodotto dal deus ex machina Norman Granz. Che da immenso personaggio, “impose” sempre a Peterson brani brevi, così da poter essere passati più facilmente per radio. Peterson morirà nel 2007, dopo una quantità smisurata di sigarette fumate, cibo mangiato e soprattutto classe ed esecuzioni infinite che lo hanno consegnato alla storia del jazz.

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