La vera storia di Billie Holiday e delle sue lotte

Il mito della cantante Billie Holiday rivive nel nuovo film di Lee Daniels, "The United States vs. Billie", grazie all’interpretazione della cantautrice Andra Day, che le è valsa due nomination ai Golden Globes come miglior attrice in un film drammatico e miglior canzone, “Tigress and Tweed”, da lei interpretata e scritta con Raphael Saadiq. Il film è un omaggio alla “Signora del blues”, dagli aspetti più noti ai quelli meno conosciuti, a partire dall'infanzia traumatica dovuta alla madre che l'ha costretta a prostituirsi a 11 anni, l’abuso di alcool ed eroina, la sessualità, ma soprattutto la persecuzione della cantante da parte del governo americano, che ha contribuito anche alla morte prematura, nel 1959, a soli 44 anni. Il film segue l'artista principalmente nei 12 anni finali della sua vita (con flashback sul suo passato), quando l'FBN (Federal Bureau of Narcotics), e uno dei suoi emissari di punta, Harry J. Anslinger... per stroncare la carriera dell'artista, che continuava a cantare nei suoi concerti "Strange Fruit" - nel quale si parla del linciaggio di un uomo di colore -, la rende bersaglio di un controllo costante al limite della persecuzione. A causa della dipendenza di Billie dall'eroina, incontri sbagliati, problemi personali e professionali e a volte l'utilizzo da parte delle autorità di prove false, la donna finisce più volte in arresto (nel 1947 sconta anche un anno di prigione). Nonostante la sua fama, Billie Holiday aveva dovuto combattere tutta la vita contro la discriminazione: fu una delle prime cantanti nere a suonare con musicisti bianchi, ma doveva entrare dall'ingresso secondario e restare in camerino fino al momento di entrare in scena. (...) La protagonista del film Andra Day, che per la parte è dimagrita di 17 chili, sottolinea: "Sapevo che il governo avesse dato la caccia a Billie Holiday, ma non sapevo fino a che punto si fosse spinto. L'unico modo che avevano di portare avanti quel sistema di oppressione era schiacciare la verità, quella che Billie cantava. Mi ha stupito la sua forza nel combattere da sola, la sua resilienza, il suo potere interiore. La considero realmente la madrina della lotta per i diritti civili. In lei c'erano il desiderio di essere ascoltata e al tempo stesso una grande vulnerabilità. Essendo una donna nera che vive negli Stati Uniti, conosco quella solitudine e quel sentirsi invisibile". (...) 

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