The Runaways - The Runaways (1976)
Se pensate che il rock non sia anche una questione di ragazzine, fermatevi a leggere la storia di oggi. Tutto inizia nella Los Angeles del 1975, ad un party organizzato da Alice Cooper. Star della festa non è istrionico cantante ma una tredicenne scrittrice di brevi novelle-canzoni a sfondo sessuale: Kari Krome. A quella festa c’era anche Kim Fowley, artista, musicista e produttore discografico che era alla ricerca di un nuovo progetto sensazionale (parole sue): pensa che si poteva costruire un gruppo rock di sole donne (o meglio ragazze…). Fowley si accorge che la Krome è troppo giovane per diventare una rock leader band e per questo recluta Joan Jett (chitarra e voce), Sandy West (alla batteria) e Mickie Steele: come trio durano pochissimo dato che quest’ultima abbandona dopo poche settimane (e diventerà abbastanza famosa con le Bangles). Fowley però scova due altre giovani rocker: Lita Ford, l’unica che davvero sappia suonare un po la chitarra’, Cherie Currie e Jackie Fox, che entrata come chitarrista e accortasi che la Ford è più brava di lei verrà spostata al basso. Inizia così la storia del quintetto classico delle The Runaways. Fowley è uno che sa vendere bene la sua idea e la Mercury le mette sotto contratto dopo pochissimo, e nel 1976 arriva il primo album: The Runaways. Prodotto dallo stesso Fowley, che di fatto è il Pigmalione di tutta la baracca, l’album nonostante la band godesse di un certo interesse (anche per i live che Fowley organizza come supporto a gruppi come i Cheap Thrills, Van Halen, persino i Talking Heads) passa piuttosto inosservato nelle classifiche, ma retrospettivamente ha un suono ed un senso niente male. Il disco ha lo spirito “amatoriale” del primo punk (tecnica approssimativa ma forza e sentimento altissimi) ed ammicca nei suoni e negli arrangiamenti ad una versione edulcorata e giovanile dell’hard rock imperante all’epoca. In copertina il primo piano, ammiccante, di Cherie Currie, in pieno stile sex & fun, sebbene all’epoca avesse solo 16 anni. Il disco si apre con il loro più grande successo, Cherry Bomb, che è perfettamente proto-punk. I brani vengono cantati da Currie e da Joan Jett, mentre Fowley si accorge che la Fox al basso è molto scostante e la fa sostituire nelle registrazioni da Nigel Harrison, che poi diventerà il bassista dei Blondie. I brani sono semplici e orecchiabili, e nonostante giochino tutti sull’effetto di 4 sedicenni che parlano di sesso e rock’n’roll, hanno una linea coerente e niente affatto “vecchia” come altra musica del periodo. Da ricordare, oltre gli assoli di Lita Ford, Dead End Justice, You Drive Me Wild e due brani con composizioni di Kari Krome: Thunder e Secrets. Nell’album c’è anche una cover di Rock‘n’Roll dei leggendari Velvet Underground di Lou Reed. Il successo è ancora mediocre, nonostante la band continui una notevole attività live. Nel 1977 esce Queens Of Noise, che musicalmente è molto più curato, ma ha perso quella freschezza del primo: però sono tra i primi gruppi ad esibirsi al leggendario CBCG’s di New York dell’era punk. Non si sa come, la band ha un grande successo in Giappone, dove sia The Runaways che Queens Of Noise sono dischi d’oro: ecco allora il live di una serie di concerti giapponesi racchiusi nel Live In Japan (1977) ennesimo disco d’oro: però a metà del tour giapponese la Fox viene rispedita a casa e sostituita da Vickie Blue. Dopo poco Cherie Currie abbandona la band ed intraprende una carriera solista e cinematografica ( reciterà nel film A Donne Con Gli Amici di Adrian Lyne con Jodie Foster nel 1980). La band inizierà sempre di più a sfaldarsi e deciderà di dare l’addio alle scene con un concerto nella notte di Capodanno a San Francisco nel 1978. L’interesse retrospettivo per la band si deve al film The Runaways, con Kristen Steward nel panni di Joann Jett e Dakota Fanning in quelli di Cherie Currie, uscito nel 2010, che ripercorre la storia della band. Nel frattempo Cherry Bomb fu inserita in una speciale classifica di VH1 tra i 100 brani hard rock più belli di sempre. Rimangono un piccolo pezzetto di storia rock, in un periodo in bilico tra la provocazione (l’estica glam, tanto amata dalla Currie che si ispirava chiaramente a David Bowie), l’esuberanza dei giovani, che in parte sfocierà nel punk e le prime e precise architetture promozionali: ad ogni modo, sono state delle pioniere.
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