Bill Callahan – Gold Record (2020)
di Alessio Belli
"Hello, I'm Johnny Cash". Citando il celebre saluto, scalfito su un cristallino giro di chitarra acustica, inizia “Gold Record”, nuovo disco di inediti di Bill Callahan. A un solo anno dallo splendido ritorno sulle scene con “Shepherd In A Sheepskin Vest”, l'album è stato presentato rilasciando un brano per volta, con cadenza settimanale, fino alla data di pubblicazione, fissata al 4 settembre.
Se l'iniziale “Pigeons” cita subito L'Uomo in Nero del folk americano, il commiato non è da meno, con la firma in calce di “Famous Blue Raincoat”: “Sincerely, L. Cohen”. Un brano ancora una volta sul tema del matrimonio, ma in una prospettiva diversa: se nel predecessore Callahan era direttamente chiamato in causa, adesso è l'autista di limousine intento a scortare due novelli sposi verso la nuova vita. E lo fa dispensando riflessioni ora caustiche ora più pensose: "When you are dating you only see each other/ And the rest of us can go to hell/ But when you are married, you are married to the whole wide world/ The rich, the poor, the sick and the well, the straights and gays/ And the people that say 'We don't use these terms these days'/ The salt and the soil".
Se musicalmente siamo ancora nelle lande di “Shepherd In A Sheepskin Vest”, “solo” voce e chitarra, il fulcro del discorso si sposta. Il focus non è più soltanto sull'inedita vita familiare del cantautore americano, ma si muove delineando altre figure di contorno. Nascono così ritratti e momenti notevoli. “The Mackenzies” - il capolavoro dell'opera – è un toccante racconto dove il nostro si trova con l'auto in panne e fa finalmente la conoscenza dei vicini, che lo accolgono con affetto in casa: “And I wished that Jack would call me 'son' again”.
Il minimalismo coheniano di “Another Song”, con annessi archi spettrali, racconta di un mood “lonesome in a pleasant way”; in “Protest Song” troviamo invece Callahan davanti la tv dopo una dura giornata di lavoro, sul monitor appare un collega intento a presentare inni di protesta, che diviene oggetto di una nuova riflessione critica fino a uno spoken fulminante: "Oh my God/ His songs are lies/ His songs are lies/ Step aside, son/ You're gonna get hurt".
Un altro grande musicista omaggiato è il chitarrista “Ry Cooder”, mentre “Breakfast” è un romantico quanto intimisticamente casalingo frammento mattutino di vita di coppia. L' atmosfera è sempre rilassata, il cielo è sereno, il sole illumina la giornata. Ecco allora l'incedere di “Let's Move To The Country” e il fischiettare cinematografico a tinte western di “Cowboy”, dove il cantautore dipinge un appropriato parallelismo: "Well, I've been living like a cowboy/ On the late, late movie/ All I need is whisky, water, tortillas and beans".
Rispetto a “Shepherd In A Sheepskin Vest”, dove nel finale ci si incamminava verso la “Lonesome Valley”, un anno dopo il giro conclusivo, oltre ad essere meno oscuro, è anche la sintesi del pensiero callahaniano, stando a una sua recente dichiarazione. “As I Wander” - screziata da una tromba crepuscolare – oltre a marchiare la missione del cantautore (“I travel, I sing, I notice when people notice things ”) contiene un passaggio conclusivo da incorniciare, tra musica, sogni e morte:
It's times like theseThat the forces at work begin considering meAs the link between death and dreams
Non saranno le vendite a rendere questo disco dorato, ma il suo contenuto - ancora una volta prezioso - concepito dal suo autore.
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