Astronomy Domine: come Syd Barrett inventò i Pink Floyd
di Dario Giardi
Capolavoro composto da Syd Barrett, inizialmente titolato Astronomy Domine (An Astral Chant), si apre con la voce del manager dei Pink Floyd dell’epoca, Peter Jenner, che recita i nomi di pianeti e satelliti (Giove, Saturno, Nettuno, Titano e Oberon), attraverso un megafono.
Il brano è incentrato sull’immensità e la magnificenza dell’universo, temi cari a Barrett sin dalla più tenera età. Immagina un viaggio cosmico tanto che la voce di Jenner al megafono sembra quella di un astronauta che parla con la Terra e descrive le sue visioni. Musicalmente il basso pulsante e continuo rappresenta proprio la connessione radio con la Terra, mentre la chitarra onnipresente, insieme a un canto maestoso e solenne, si perdono in un panorama cosmico oscuro e tenebroso tessuto dalle tastiere e enfatizzato dal drumming forsennato di Mason. All’inizio proprio l’organo Farfisa di Rick Wright imita il codice morse, un messaggio in codice che è rimasto un mistero a dispetto dei numerosi tentativi di decifrarlo.
Che questo viaggio sia nato grazie all’uso dell’LSD poco importa. Barrett e il suo genio ci catapultano in un altro mondo e questa è arte perché è proprio grazie a questo viaggio che Syd inventò i Pink Floyd e molto altro.
Per una fortunata coincidenza, The Piper fu inciso nello stesso periodo in cui i Beatles stavano registrando il loro disco più importante e atteso, Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band. I Pink Floyd nello studio tre e i Beatles nello studio due di Abbey Road. L’incontro dei Pink Floyd con i Beatles, in particolare tra Lennon e Mc Carney con Syd, avvenuto negli studi di registrazione, si può leggere come un vero e proprio incontro del destino e non è difficile immaginare che senza aver ascoltato gli elementi psichedelici nella musica di Syd avremmo mai ascoltato il capolavoro dei Beatles per come lo conosciamo.
È vero che i Beatles avevano già dato ampia prova di saper essere psichedelici a loro modo (Revolver e Strawberry Fields Forever per citare due lavori), ma sicuramente c’è qualcosa di magico in questo album d’esordio dei Pink che si ritrova nel capolavoro dei Fab Four.
Chi ha influenzato chi, se il Sgt Pepper o The Piper at the Gates of Dawn, non ci è dato sapere, e in fono non importa. Con buchi neri al posto degli occhi, Syd Barrett ha aperto a tutti noi la porta del cosmo.
Commenti
Posta un commento