Nathaniel Rateliff – And It’s Still Alright (2020)

L’intero disco è una collezione di lavorazioni dissotterrate dai primi anni di Rateliff e insaporite da melodie più solide ma non meno veraci; si contorce nella malinconia per riscoprire la sua anima e conoscerla meglio.

di Davide Nora

“And It’s Still Alright” è il terzo album solista di Nathaniel, il primo dopo sette anni costellati da grandi successi con i Night Sweats. Una decade, quella di Rateliff, permeata di emozioni forti e scorribande goderecce. L’irsuto ragazzo del Colorado ha deciso di prendersi una pausa da quelle cavalcate ad alto tasso di energia per fare spazio ad una raccolta di brani che ricorda gli esordi: malinconici, intimi e agrodolci.

Che si tratti di un nuovo corso, di una transizione o di una sospensione non è ancora dato saperlo e, forse, non interessa più di tanto. Quello che è certo, è che Rateliff riposiziona se stesso e ripesca dal suo passato la matrice folk dei primi anni (In Memory of Loss, 2010) per dare sfoggio di tutto ciò che ha imparato in tema di produzione. Se, infatti, all’inizio della sua carriera, il soulman di Denver pensava che per riempire un album bastasse una chitarra acustica e la sua voce spessa e masticata adesso sa che non è così: il suo caro amico Swift gli ha insegnato tanto da questo punto di vista.

I brani non perdono efficacia e sincerità, semmai le acquisiscono. E sebbene si riesca ad intercettare la presenza di violino (Tom Hangerman), basso (Elijah Thomson), tastiera (Daniel Creamer) e chitarre (Eric Swanson e Luke Mossmam), la sapiente mano alla coproduzione di James Barone (Beach House) consente a Rateliff di diffondere una musica talmente intima e confidenziale da far svanire tutti sullo sfondo.

L’album vive di continue oscillazioni tra lo sconforto e la speranza, tra la tentazione di arrendersi alle avversità dell’esistenza e la volontà di risollevarsi perché ne vale la pena.

Si passa dalle melodie avvolgenti dell’apripista “What a Drag” che narra la difficile separazione dalla moglie a brani che evocano Leonard Cohen come “Tonight #2” e “Kissing Our Friends” in cui la vocalità di Rateliff sprigiona tutto il suo calore. La title-track “And it’s still alright” è invece un lamento di speranza, un compendio di tutto ciò che Rateliff ha imparato in questi anni, semplice e sofisticato al tempo stesso. Riesce a trasmettere disperazione e fiducia, sconforto per la scomparsa di un amico fraterno come Swift sconfitto nel 2018 dall’alcolismo. Una bestia conosciuta anche da Nathaniel che canta in una sorta di dialogo con l’amico morto.

L’intero disco è una collezione di lavorazioni dissotterrate dai primi anni di Rateliff e insaporite da melodie più solide ma non meno veraci; si contorce nella malinconia per riscoprire la sua anima e conoscerla meglio. L’esatto opposto del retrò-soul-R&B a cui aveva abituato i suoi ascoltatori, sono infatti lontane, ma non disgiunte, le sgroppate divertite ed energiche coi The Night Sweats.

“All or Nothing” e “Expecting to Lose” rispettano l’andamento ondivago e restituiscono quell’allegria necessaria a rendere equilibrata una commistione di brani assemblati in modo scrupoloso.

Tutto si regge su una vocalità capace, quella di Rateliff, che, per quanto possa inabissarsi nelle profondità dell’anima, riesce sempre a risalire e decollare.

“Rush On” è l’ultima e lunga traccia di un album che si chiude come merita: sei minuti di brutale onestà e sofferenza. Quello che serve a rendere credibile, sincero e solidissimo questo album e che non si impantana mai in cliché ruffiani e scontati.

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