Amos Lee - Amos Lee (2005)

A metà degli anni 2000 il mercato discografico viveva uno dei suoi momenti più terribili. Erano gli anni di Napster e di Winamp, dell’esplosione degli Ipod e dei lettori Mp3. Si era alla ricerca di nuove modalità di comunicazione: molti discografici pensarono di sfruttare le serie Tv che mai come in quegli anni stavano diventando fenomeni globali. CSI nelle sue varie versioni, Veronica Mars, The O.C., One Tree Hill furono usate per lanciare addirittura nuove canzoni sia da gruppi emergenti sia dai grandi del rock, sfruttando l’affezione globale dei telespettatori in tutti il mondo e il loro successo. Proprio così ho conosciuto l’artista di oggi: in una puntata della leggendaria serie House M.D. alla fine dell’episodio parte un dolce attacco di chitarra, con una voce maschile che candida e vellutata canta di una relazione tormentata, dove “tutti i colori scompaiono”. Quella voce era di Amos Lee. Giovane di belle speranze di Philadelphia, si approccia alla musica sin da giovanissimo, anche se continua gli studi ed inizia a fare il maestro elementare. Al college fa parte di qualche gruppo universitario dove scopre una certa abilità nella chitarra e nel basso. Il suo manager, Bill Elb, è così fiducioso del suo talento che autoproduce un demo con 4 brani e li manda a molte case discografiche. Nel 2003 la risposta gli arriva nientemeno che dalla Blue Note, uno dei marchi più leggendari della discografia americana, scrigno infinito e culla del grande jazz. Grazie alla Blue Note, la gavetta di Lee è da sogno: fa da apripista alle tourneé di giganti come Bob Dylan e Norah Jones, che davvero ha un debole per il timbro vocale e le idee musicali di Amos Lee e diviene la sua guida. Infatti è il bassista del gruppo della Jones, Lee Alexander, che porta in studio Lee per il suo primo omonimo album, che esce nel marzo del 2005. Amos Lee ha 11 canzoni di delicata, affascinante semplicità, tutte giocate sul soul, il jazz, il rock blues per un mix illuminato dalla sua voce. Keep It Loose Keep It Tight apre le danze con eleganza e grazia, poi il lirismo di Seen It All Before, e il gusto soul e ammiccante della dolcissima Arms Of A Woman. Lee è un eclettico e movimenta i ritmi in Give It Up, è bluegrass in Bottom Of The Barrel, e il suo stile voce e chitarra è da brividi in Black River. Al disco però lavorano pezzi da novanta tra turnisti e sessionisti, tra cui vorrei ricordare Dan Rieser alla batteria, il leggendario James Gadson, uno dei più grandi batteristi della musica nera americana (presente in oltre 150 dischi ufficiali) e Norah Jones. Che duetta con il nostro in quel brano che mi affascinò: Colors infatti fu un piccolo successo anche perchè venne usate in altre serie cult, come Grey’s Anatomy. Il successo è buono e nel 2006 il secondo Supply And Demand è alla stessa altezza, e i due singoli Shout Out Loud e Sympathize vennero usati come Colors in film, serie Tv e trasmissioni televisive. La via neo folk continua con Last Days At The Lodge (2008) e con Mission Bell nel 2011, dopo un tour per tutti gli Stati Uniti, arriva persino il numero uno nella classifica di Billboard, aiutato da un cast di ospiti che comprende Willie Nelson, Lucinda Williams, il cantautore Iron & Wine e i Calexico che producono l’album. Lee è sempre più amato da una certa scuola musicale, e collaborerà con Alyson Krauss e la Dave Matthews Band. Ll suo stile non sarà quello più di moda, ma le sue qualità di artista si mantengono all’altezza niente male in una carriera già decennale, se è vero che il suo ultimo disco, Spirit, è del 2016. Una piccola storia musicale piena di belle canzoni, da ascoltare sorseggiando qualcosa di buono, ricordando che questa mia conoscenza si deve ad un burbero medico zoppo che amava Baba O’Riley.

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