Il rock psichedelico degli anni Sessanta
Che cos’è la psichedelia?
Che cos’hanno in comune Revolver dei Beatles, Pet Sounds dei Beach Boys e The Piper at the Gates of Dawn dei Pink Floyd, oltre al fatto di essere dei bellissimi dischi? Eccoci: condividono il fatto di appartenere tutti e tre alla declinazione psichedelica di quel particolare genere della musica popolare conosciuto come rock.
Le canzoni contenute in tali album – ma pure in quelli di tantissimi altri artisti, dai Soft Machine ai King Crimson, dai Genesis ai Velvet Underground, permettono a chi la ascolta di “aprire la mente”, di perdersi, di viaggiare con la coscienza, senza che per fare ciò si renda necessaria l’assunzione di droghe. Seppure infatti rimane controverso che tale pratica possa rendere ancora più vivida l’esperienza dell’ascolto, non c’è dubbio che alcuni dei capolavori del genere furono creati da artisti ispirati da vagabondaggi acidi.
Le esperienze lisergiche di Brian Wilson, ad esempio, portarono i Beach Boys a sviluppare una concezione della musica assai più sofisticata e onirica di quella affidata fino al 1965 ai dischi del quintetto californiano.
Rock psichedelico: i Beatles e i Rolling Stones
Paul McCartney e John Lennon viaggiavano nei meandri di una psiche illuminata dall’LSD quando produssero Revolver e Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, opere decisamente più complesse e mature dei dischi sfornati dai Beatles fino ad allora. Mick Jagger e Keith Richards, a loro volta, non esitarono a seguire Brian Jones sulla strada dell’ebbrezza chimica provocata dall’uso assiduo di acido e di marijuana.
Il risultato sonoro dell’influenza degli stupefacenti sull’estetica musicale dei Rolling Stones si intravede in Aftermath, del ’66, nel quale le dodici battute blues proprie del loro repertorio vengono rese più esotiche da arrangiamenti che prevedono l’uso di sitar, dulcimer e marimba.
I successivi Between the Buttons e Their Satanic Majestics Request – quest’ultimo percepito, al momento della sua uscita, come la risposta degli Stones al beatlesiano Sgt. Pepper’s – non fecero che confermarne la poetica.
Interstellar Overdrive, pezzo storico del rock psichedelico
Quanto alla produzione dei contemporanei Pink Floyd, allora guidati da Syd Barrett, The Piper at the Gates of Dawn è un vero e proprio capolavoro della musica psichedelica. Pezzi come Astronomy Domine e Interstellar Overdrive suonano come esplorazioni lisergiche della consapevolezza e, se per comporle Syd Barrett deve aver bruciato migliaia di cellule cerebrali, ascoltarle permette ancor oggi di perdersi in galassie lontanissime.
La musica psichedelica è dunque un alimento per il cervello e un farmaco per lo spirito, una gioia per l’udito e un balsamo per il cuore. Se, per produrla, i talentuosi musicisti dovevano abusare di sostanze psichedeliche, il mero ascoltarla permette, cinquant’anni più tardi, di dissolvere il proprio io mentre si viene trasportati in uno stato di coscienza superiore. Turn on your mind!
di Tiberio Snaidero - Fonte originale dell'articolo
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