Echo & The Bunnymen - Crocodiles (1980)
Oltre che patria prima del Mersey Sound e poi universalmente capitale della musica come patria dei Beatles, Liverpool ha avuto un altro momento di luce musicale, verso la fine degli anni ‘70 appena dopo l’esplosione del punk. In quegli anni, un trio di personaggi niente male stava entrando nel mondo della musica: Julian Cope che fonderà i Teardrop Explodes, Pete Wylie che fonderà gli Wah! e Ian McCulloch che sarà il leader della band di cui scriverò oggi. In verità i tre per un brevissimo periodo suonarono addirittura insieme (come Crucial Three), poi Wylie se ne va, e rimangono Cope e McCulloch come Shallow Madness. Nell’ottobre del 1978 anche loro prendono strade diverse, e Ian insieme a Will Sergeant (chitarra) e Les Pattison (basso) formano i Bunnymen. Nell’impossibilità di trovare un batterista in tempi brevi, decidono di usare una batteria elettronica soprannonimata Echo e da questo cambiano il nome in Echo & The Bunnymen. L’esordio ufficiale avviene all’Eric’s storico locale di Liverpool, in una serata divisa con i Teardrop di Cope. Nel marzo del 1979 pubblicano il primo singolo Pictures On My Wall / Read It In Books, e partecipano allo storico show di John Peel sulla BBC (e i primi singoli con alcune registrazioni verranno pubblicate in seguito su una speciale The Peel Sessions nel 1988. Nel 1979, in ottobre, finalmente un essere umano prende il posto di Echo: è Pete De Freitas, un ragazzo nativo di Trinidad e Tobago. Tutto è pronto per il debutto, che avviene per l’etichetta Korova (dal nome del club di Arancia Meccanica) sotto le cure di Bill Drummond e David Balfe (che suonavano nei Big In Japan). Crocodiles esce nel luglio del 1980. In copertina, una suggestiva fotografia fatta in un bosco dell’ Hertfordshire, che inaugurerà un’estetica fatta di spazi epici e crepuscolari, marchio di fabbrica di tutte le copertine future. McCulloch è ombroso, ambizioso e seducente e lo dimostra in 10 canzoni che renderanno questo disco uno degli esordi più belli di sempre della musica inglese e uno dei dischi del decennio. In un mix suggestivo di psichedelia californiana, con ammirazione per i Doors, new wave e la tensione emotiva dei Joy Division, i Bunnymen scrivono canzoni affilate, nervose, che vanno dritto a solleticare l’ascoltatore. Pictures On My Wall è ripresa e diviene una canzone simbolo del periodo, come Rescue dal riff ipnotico e micidiale secondo singolo. C’è quasi lirismo nella bellissima Villiers Terrace, Crocodiles sembra garage rock di Detroit di 10 anni prima, per arrivare a All That Jazz che traccia i ritmi della musica Echo & The Bunnymen. Il successo è amplificato da un incessante tour che oltre che in patria arriva negli Usa, in Europa e persino in Australia e Nuova Zelanda. il successivo Heaven Up Here (1981) alza il tiro per idee (anche se forse si usano troppo i sintetizzatori) ed è la consacrazione per il gruppo, anche per canzoni stupende come Over The Wall ( da 6 minuti, con echi del wall of sound spectoriano). Un anno di pausa ed ecco Porcupine, altro gioiello, registrato in Islanda e che segue i topi epici di U2 e Simple Minds. Non sbagliano nemmeno il successivo Ocean Rain (1984) ma non riescono mai a superare la dimensione di piccolo culto che li ha accompagnati per tutta la loro carriera. Rimangono comunque un gruppo musicalmente eccelso, e da riscoprire, un gruppo che catturò in modo positivo le tensioni seguite al fragore del punk. Tra ombre, boschi e paesaggi sterminati, come nelle loro bellissime copertine.
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