San Fermin – The Cormorant I (2019)
A Ellis Ludwig-Leone ha sempre interessato molto di più la composizione dell’esecuzione. E’ del resto ciò che aveva studiato all’università di Yale (mica un ateneo a caso), e la materia in cui nel 2011 si è laureato. San Fermin è stato dunque il suo primo progetto post-laurea, dopo aver realizzato che tutti quegli “arrangiamenti sopra le righe” si potevano sposare con delle canzoni pop. Fu così che germogliò ‘San Fermin‘ in quanto album, debutto che doveva rimanere un unicum ma ebbe così tanto successo da convincerlo a replicarlo, oltre che a fargli ottenere il suo primo serio contratto discografico.
Come in quell’esordio, anche nei due LP successivi Ellis è sempre rimasto dietro le quinte, o meglio, dietro la sua tastiera. E’ lì che si posiziona nei live della sua band, e idealmente anche nei suoi dischi, che scrive tutto solo dall’inizio alla fine, testi compresi. E’ però troppo timido per fare il frontman: così, sin da quel lontano 2013, affida le parti vocali ai suoi collaboratori, l’amico Allen Tate per quanto riguarda le composizioni immaginate per una voce maschile, una lunga serie di interpreti per quelle pensate per una voce femminile. E’ anche quanto avvenuto per ‘The Cormorant‘, opera in due parti la cui prima (di 8 tracce per 25 minuti) è stata pubblicata a inizio ottobre, mentre la seconda dovrebbe arrivare in primavera.
Cormorani che non sono altro che i volatili da lui osservati nel suo ritiro islandese di Isafjordur dove, come è solito fare sin da inizio carriera, si è isolato per ideare nuova musica. La scelta, che a questo giro è caduta su questa amena località di 2500 persone che si affaccia sul mare di Groenlandia, a 450 chilometri da Reykjavik, è probabilmente la più estrema, ma quantitativamente la più redditizia. Da tutte quelle passeggiate lungo il fiordo a osservare pescatori e fauna locale è nato un doppio LP, un concept in cui il succitato cormorano incontra un uomo annunciandogli la morte, ma dandogli la possibilità di rivivere i momenti migliori della sua giovinezza, ognuno dei quali è rappresentato da una canzone del disco.
Ormai trentenne, evidentemente Ludwig-Leone è in prematura crisi di mezza età, anche se il tema della fanciullezza e della perdita dell’innocenza, metaforicamente evocato dalla trama, potrebbe anche riferirsi alla deprimente attualità politica americana. E’ dunque un mini-album nostalgico la prima parte di ‘The Cormorant‘, a cui ha partecipato anche il quotatissimo Attacca Quartet con i suoi archi. Sono loro il principale contraltare alle chitarre, più elettriche del solito, quasi a voler smarcare i San Fermin dall’etichetta di folk da camera che gli era stata affibbiata dopo quel lodevole esordio di 6 anni fa. Resta comunque vivace e ricchissima la vena compositiva del collettivo newyorkese, capace di esplodere in esaltanti climax sonori come nelle bellissime ‘Saints‘ (il brano migliore) o ‘The Hunger‘. Rimangono invece più “sotto le righe” i brani cantati da Allen Tate (a parte la coda dell’altrettanto riuscita ‘The Living‘), a ribadire quanto i San Fermin siano estremamente attenti nel dosare l’amplissima strumentazione di cui abitualmente si dotano. Sono una band da non trascurare, perché seguitano ad offrire una versione estremamente caratterizzata di ciò che si può definire “pop orchestrale” e, aspetto più importante, sanno scrivere canzoni belle, avvolgenti e mai stereotipate: le sette in scaletta ne sono un ulteriore esempio.
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