Minimal Compact – Creation Is Perfect (2019)

di Mrs. Lovett

Un’operazione davvero importante la ristampa, da parte dei Minimal Compact, di sette dei loro brani più significativi in veste nuova e perfezionata. Oggi, forse pochi ricorderanno i fasti di una band la cui formazione – ad opera di Malka Spigel, Berry Sakharof e Samy Birnbach – risale al 1980 e che ha avuto un ruolo seminale per la nascita del postpunk: in effetti i Minimal Compact sono stati sempre considerati un gruppo di nicchia e non hanno mai riempito gli stadi. Ma il loro modo di fare musica fu, all’epoca, piuttosto rivoluzionario, fantasioso e ‘diverso’, e i loro concerti, dove notoriamente succedeva un po’ di tutto, erano veri e propri eventi di culto. Scioltisi già nel 1988, i Minimal Compact si sono riuniti tuttavia in varie occasioni, anche per qualche esibizione dal vivo, finchè non è giunta l’opportunità di questa release, intitolata Creation Is Perfect, della cui produzione si è incaricato Colin Newman, da anni marito di Malka Spigel e spesso, in passato, collaboratore del gruppo. La prima traccia, “Statik Dancin’”, si trovava sul loro primo minialbum, risalente al 1981: pezzo già in origine dalla ritmica vivace, viene reso qui ancor più brioso e spumeggiante e conserva le sue caratteristiche, come certe sfumature ‘etniche’ e l’inconfondibile stile vocale di Samy Birnbach. Viene proposta poi “Take Me Away”, presente in One by One del 1982, di cui viene trasformata l’‘aura’ vagamente straniante a favore di una formula più moderna e meno ‘arruffata’ e, a seguire, la celebre “Nada”, tratta da uno degli album che procurarono alla band discreta notorietà e ne decretarono l’autorevolezza, Deadly Weapons: se nel brano spiccava un indimenticabile contributo di Peter Principle alla chitarra, oggi vi sono stati inseriti altri dettagli di pregio, per esempio l’introduzione elettronica di maggior respiro, e i suoni risultano generalmente ‘ripuliti’ e più efficaci. Grandissima, poi, la versione rivista e ‘corretta’ di un’altra hit dei Minimal Compact, “Raging Souls”, dall’omonimo lavoro del 1985 – da molti considerato il loro disco più commerciale – di cui viene fedelmente mantenuto il mood malinconico e introspettivo, mentre la altrettanto conosciuta e amata “Not Knowing” la ritroviamo con suoni e toni ‘alleggeriti’, quasi diluiti, così che ne appaia marcato l’aspetto più struggente. La successiva “My Will” compariva su Raging Souls e colpisce, oltre che per la contrapposizione del canto ruvido di Birnbach a quello trasognato di Spigel, per le liquide note di chitarra e per la modernità dell’ispirazione, nonostante il pezzo risalga al 1985, e lo stesso può dirsi di “The Well”, presente in Deadly Weapons, all’epoca avveniristico esemplare new wave e oggi proposta in forma più ‘fluida’ e coesa. L’ultima traccia, “Holy Roller”, è inedita ed esprime, insieme, il culmine e la degna conclusione dell’album: sonorità mature, che attestano la prevalenza dell’armonia sulla sperimentazione, ci fanno auspicare che questo magico connubio di musicisti non disperda un tesoro di esperienze che tanti ha ispirato e lo dispensi ai fan di ieri e di oggi.

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