Pixies – Beneath The Eyrie (2019)

di Fabio Gallato

Al di là della ormai stucchevole disquisizione sul fatto che i Pixies senza Kim Deal siano davvero i Pixies o no, i due dischi post-reunion della band statunitense non erano certo memorabili, e l’ammutinamento della storica bassista dalla solita operazione nostalgia c’entrava poco o nulla. “Indie Cindy” e “Head Carrier” suonavano semplicemente superflui e manieristi, come spesso accade a band un po’ in là con gli anni che si ritrovano dopo una lunga pausa.

“Beneath The Eyrie” invece, la cui genesi mi è scivolata addosso in un’aura di insostenibile indifferenza, è un centro quasi pieno, non fosse altro perché al terzo tentativo i nostri mettono in fila una bella serie di pezzi credibili e per certi versi sorprendenti. Via le pose contratte dei due episodi precedenti, i Pixies si ripresentano sciolti e carichi ai blocchi di partenza, rimettendo in scena l’alt-rock dal piglio fortemente scenografico dei bei tempi e, senza farsi travolgere dal solito vortice nostalgico, cercano perfino di innovare un sound che di per sé avrebbe solo bisogno di una certa perizia per funzionare a dovere.

Non sarà “Surfer Rosa” o “Bossanova“, ma “Beneath The Eyrie” è affascinante, scuro e strano, e nelle sue melodie che danzano tra le solite stilettate grunge-garage-punk e momenti più folk e psichedelici, c’è una suggestiva vena esoterica che rende il tutto coinvolgente, quasi ipnotico. Ne è un bell’esempio in questo senso l’iniziale In the Arms of Mrs. Mark of Cain, ma anche la successiva On Graveyard Hill, entrambe cariche di un inaspettato fascino new wave, con la seconda soprattutto che mostra quanto sia importante Paz Lechantin in questi nuovi Pixies, graffianti e saggi, che si permettono pure il lusso di regalare due belle ballate dal retrogusto western (Ready For Love, Los Surfers Muertos) e un paio di intrusioni introspettive, come il songwriting lo-fi della conclusiva Death Horizon e l’indie rock d’atmosfera di Daniel Boone. Più scolastiche e facilone, ma non per questo da buttare, Catfish Kate e St. Nazaire flirtano un po’ troppo con il passato e finiscono per scivolare in un gioco di rimandi neanche troppo sottintesi.

Quasi tutti gli elementi sono al posto giusto, insomma, ma “Beneath The Eyrie” non è solo questo, o almeno prova ad essere altro, ovvero tutto ciò che i Pixies non sono stati negli ultimi anni e che ora sembrano tornati ad essere: una band in forma, spigliata, vogliosa, ancora in grado di regalare momenti di qualità.

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