Captain Beefheart & His Magic Band - Trout Mask Replica (1969)

Quando ascoltai per la prima volta questo disco ne rimasi schifato. Presi a parolacce l'enciclopedia del rock di Piero Scaruffi che la metteva al primo posto tra i dischi più importanti di tutti i tempi (e da quel giorno tutto ciò che sostiene quell’uomo io lo prendo con le pinze). Io ero un giovane adolescente quando, felicissimo di avere tra le mani qualcosa di così prezioso, decisi di dare retta a quel tipo. Con il passare degli anni il mio giudizio su quest’opera è radicalmente cambiato. Ma andiamo con ordine. Don Van Vliet è un tipo stravagante che vive a Lancaster, in California. Ha una grande passione e predisposizione per le arti visive, tanto che diventerà un apprezzatissimo artista visuale. Alle scuole superiori incontra un certo Frank Zappa, che all’epoca prima di diventare un rivoluzionario della musica si dilettava nella creazione di film a basso costo. In uno di questi coinvolge Van Vliet. che sceglie il nome d’arte di Captain Beefheart, e formano un gruppo musicale, i Soots (siamo nel 1963). I due si separano e il capitano forma un nuovo gruppo, la Magic Band. Con la prima formazione incide per la A&M una cover di una canzone di Bo Diddly, Diddy Wah Diddy, ma senza successo. Con una nuova formazione della Magic Band, in cui si registra la presenza di un giovanissimo Ry Cooder, futuro gigante della chitarra, Captain Beefheart registra il primo disco che squarcia il panorama musicale. Safe As Milk (1966) parte dal blues ma lo sconquassa, con la voce scartavetrata e ruvida del capitano. Cooder se ne va, viene sostituito da Jeff Cotton e Strickly Personal (1967), pur rimaneggiato e arrangiato dai discografici, continua su quella linea irriverente e devastante. Il successo è zero, i discografici non sopportano questi tipi bizzarri, ma il caso vuole che Beefheart rincontri Zappa, che li accoglie nella proprio casa discografica, Straight. Ai due viene in mente non un semplice album, ma un vero e proprio esperimento antropologico: su questo passaggio le leggende sono infinite, ma Zappa e Beefheart affittano una casa nella San Francisco Valley dove il Capitano e la Magic Band vivono insieme in condizioni di “sciamanesimo” (si racconta che il pasto quotidiano fosse solo una ciotola di soia, e alcuni membri della Magic Band furono arrestati per furto di cibo, con Zappa a pagare la cauzione alla polizia). Captain Beefheart si fa portare un pianoforte verticale in casa, che non sa assolutamente suonare, e convince Cotton a trascrivere le sue idee musicali in spartiti che, ispirandosi al free jazz di Ornette Coleman e Eric Dolphy, sono completamente dismarmonici. La ritmica segue un tempo, la melodia un altro, in una sorta di caos avanguardistico che sembra una colossale esibizione di libertà stupefacente (in senso chimico) ma che è un preciso progetto che Van Vliet perseguiva da tempo. Registrato in un piccolo studio fuori Los Angeles, dopo otto ore e mezza di prove ininterrotte nella casa di San Fernando, nell’aprile del 1969 esce Trout Mask Replica. Il titolo prende spunto dal’idea che Cal Schenkel, il fotografo e illustratore di cover di Zappa, ebbe per la foto di copertina, comprando in una pescheria una testa di una carpa. Captain Beefheart se la mette davanti al viso, sotto il cappello da quacchero, proprio a replicare “una maschera che sembra una trota”. Le 28 canzoni del disco sono un condensato di genialità, pazzia, tecnica che non si potrà mai esaurire, nemmeno dopo decine di ascolti. Impossibile carpire le decine di citazioni, passaggi presi qua e la dai più disparati meandri della musica del ‘900, tipo la citazione dal Concierto De Aranjuez di Joaquín Rodrigo nella versione registrata in Sketches Of Spain da Miles Davis, su arrangiamento di Gil Evans in Sugar ‘n Spikes. Captain sbraita, canta, fa degli speech corner (The Dust Blows Forward 'n The Dust Blows Back, registrata su cassetta e recitata come una filastrocca). Poi gioielli come Moonlight In Vermont, Bill Corpse, The Blimp in cui Cotton chiamò al telefono Zappa che registrò tutto e poi sovraincise un accompagnamento ritmico. Wild Life vede un assolo di Beefheart al flauto, Pachuco Cadaver è l’unico brano dove gli strumenti suonano allo stesso ritmo, diventando una sorta di boogie nero che parla di un ragazzo messicano scomparso. Chiude il capolavoro Veteran’s Day Poppy, dedicata alla pratica di vendere i garofani nel giorno della Commemorazione dei Caduti di Guerra. Tra le pazzie musicali si parla di politica, di antimilitarismo, di segregazione razziale, di sesso,droga, problemi di immigrazione, un affresco psichedelico e pazzoide dell’America del tempo, scritto fuori tempo, in senso musicale. L’album è un fiasco negli Stati Uniti, ma ottiene un insperato successo in Europa, in Inghilterra va addirittura nella Top20 dei dischi più venduti. Il sodalizio Zappa\Captain Beefherat continuerà nello storico Hot Rats zappiano, dove il capitano canta la sboccata Willie The Pimp e dopo un momento di pausa scrivono un disco insieme, Bongo Fury del 1975, ma si allontana piano piano dalla musica per concentrarsi sulla pittura. Rimane la stravaganza e la dirompente forza di questo disco, non accessibile e da ascoltare con attenzione. E fa niente che Scaruffi mi fece incazzare ( ma non lo perdonerò mai…è ovvio).

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