The Gloaming – The Gloaming 3 (2019)

di Alessio Surian

Quanto pesa ognuna delle nostre esperienze? Il video di Tom Kalin prova a sollecitare la nostra capacità di osservare ed interrogarci mentre fa da colonna visuale al brano di apertura di “The Gloaming 3”, “Meáchan Rudaí (The Weight of Things)”. Il pianoforte acustico di Thomas “Doveman” Bartlett propone all’inizio una sola nota ribattuta e poi cresce in respiro armonico in sintonia con la voce di Iarla Ó Lionáird che distilla musica da una poesia di Liam Ó Muirthile, un inno alla madre: «Il mio peso mentre mi hai portato dentro di te per nove mesi. Il peso del sedersi, alzarsi, stendersi. Il tuo peso che non ho mai alzato da terra – prima di seppellirti nella terra. Il tuo peso vivo. Il tuo peso morto». Dopo due minuti di immagini, di contrappunto visivo alla cadenza ipnotica di piano e voce, fa capolino un neonato ed, insieme a lui, il violino danzante di Martin Hayes, ottanta secondi che fanno volare la canzone prima di fermare di nuovo il tempo e riportare l’attenzione sulla poesia e sui contrasti fra splendide immagini a colori di natura rigogliosa e fotogrammi storici in bianco e nero di vita che scorre, per chiudere sulla copertina del nuovo album, “Precipice” di Robert e Shana Parke Harrison: un uomo con un’ascia, sull’orlo del baratro, rivolto non verso il vuoto, ma verso l’unico albero rimasto, con le radici scoperte che affondano nel vuoto. Un essere umano piccolo rispetto al mondo con cui si sta confrontando. Sia “Méachan Rudaí”, sia “Amhrán na nGleann” che chiude il disco, sono meditazione sulla morte.
Il piano ci introduce anche al secondo brano, “The Lobster”: prende corpo uno dei fili magici che attraversano questi brani, sette minuti di interplay, di passaggio dal sogno al vortice della danza fra il violino di Martin Hayes e la speciale ed espressiva “viola” hardanger d’amore di Caoimhín Ó Raghallaigh, una miracolosa tensione che si ripeterà in ‘The Old Road To Garry” e nella successiva “Sheehan’s Jigs”, lampi a fendere “gloaming”, il crepuscolo, sostenuti anche dal ritmo della chitarra di Dennis Cahill. Si distingue dalla generale impronta scura e minimalista anche “Áthas (Joy)”, brano particolarmente caro a Iarla Ó Lionáird: la madre di Ó Lionáird l’ha ricevuto da Liam Ó Muirthile poche settimane prima della morte del poeta il 18 maggio 2018, a sessant’otto anni, dopo aver pubblicato il suo ultimo lavoro sul camminare, “Camino de Santiago: Dánta, poems, poemas”. “Ci ho lavorato tutta l’estate” tiene a ricordare il cantante a proposito di “Áthas (Joy)”. Rispetto ai due precedenti album in studio (nel 2014 e 2016) del quintetto irlandese-statunitense nato nel 2011, “The Gloaming 3” è meno legato a brani già rodati in concerto.
Solo tre delle dieci canzoni erano già state suonate dal vivo quando si sono ritrovati per tre giorni di registrazioni nei Reservoir Studios a Manhattan, lo spazio che Bartlett condivide con Nico Muhly and Sufjan Stevens. In precedenza, a più riprese, a New York, Bartlett e Ó Lionáird avevano lavorato insieme per arrangiare i brani. Ultimate le registrazioni, Bartlett ha lavorato ancora un mese per terminare la produzione del disco che è uscito il 22 febbraio. Per Bartlett, rispetto ai lavori precedenti, il terzo disco in studio “non ha dovuto fare i conti con ampie parti musicali cui si era già data una forma precisa. Ho avuto la possibilità di prendere decisioni precise sui momenti in cui imprimere una cambio di passo a livello di emozioni. E abbiamo potuto mostrare lati di Martin e Caoimhín diversi, a confronto con quanto suonato in passato. Per esempio, ho potuto suggerire che fosse solo Caoimhín a suonare un brano, costruendo l’arrangiamento intorno a questa scelta. Questo ci ha permesso maggiore profondità e precisione”. Una precisione evidente anche nella sincronia di piano e chitarra, per esempio nell’accompagnamento di “The Pink House”, ma anche “Reo”, costruita su versi di Seán Ó Riordáin e di Ó Lionáird, mostra intesa e amalgama fra Bartlett e la voce di Ó Lionáird. Voce che ritrova il lato scuro e più antico della poesia irlandese con “My Lady who has Found the Tomb Unattended”, arrangiamento di versi del 1609 di Eoghan Ruadh mac an Bháird, ottimi per il registro che The Gloaming ha scelto di privilegiare con gli arrangiamenti scarni ed efficaci di Bartlett. alternando un tono confidenziale ad uno introspettivo e meditativo, e le invenzioni degli archi a librarsi e a costruire spazi inattesi.

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