J.J. Cale – Stay Around (2019)

di Marco Boscolo

J.J. Cale non amava le luci della ribalta: preferiva rimanere a Tulsa, in Oklahoma, a coltivare le sue canzoni come se fossero figli da accudire. Solo quando erano pronte, ben cresciute, le lasciava andare per il mondo, perché incontrassero le orecchie di una schiera di estimatori che si è andata ingrossando sempre più nel tempo, fino a comprendere chiunque contasse nel gotha musicale americano: Carlos Santana, Spiritualized, Captain Beefheart, Deep Purple, Randy Crawford, John Mayall, Poco, José Feliciano e Bryan Ferry, per citare solo quelli che ne hanno eseguito almeno una cover. Ma nel novero vanno inseriti almeno anche Neil Young (che lo ha definito «il miglior chitarrista insieme a Jimi Hendrix»), Bob Dylan, Mark Knopfler, Tom Petty ed Eric Clapton (vedi anche la collaborazione per Old Sock). Quando se ne è andato, il 26 luglio del 2013, per un attacco cardiaco, il pianto per la gemma più preziosa del Tulsa sound è stato unanime, nonostante non fosse neanche lontanamente famoso come molti dei suoi fan.

Stay Around – titolo che sottolinea l’ovvio: la musica di J.J. Cale non se ne andrà con la sua morte – è la prima raccolta di inediti pubblicata postuma. A curarla, la moglie e chitarrista Christine Lakeland, e il manager di una vita Mike Kappus. Non si tratta di un’operazione grattiamo-il-fondo-del-barile, come capita spesso in queste occasioni in cui un grande se ne va e anche gli appunti vengono venduti come brani fatti e finiti. Nella sua routine di composizione, quando J.J. Cale lavorava a un disco, lasciava spesso fuori canzoni complete, che sarebbero finite in album successivi. Racconta lo stesso Kappus che Roll On, la title track dell’ultimo album (2009), era “vecchia” di 30 e passa anni. Così non deve stupire che queste registrazioni tratte da demo, ora in solitaria (con Cale che suona tutto), ora in compagnia di una band, sembrino così levigate: lo erano perché tutto, nella musica di Cale, era sempre molto lavorato, accudito, amato.

In questi quindici episodi si racchiude la quintessenza del Tulsa sound, con quel sapore di America vera e storie da raccontare che Cale ha sempre saputo mettere nella propria musica. Nessun scossone, niente rivelazione segreta. Ma è un bene così, ché J.J. Cale possa rimanere nei paraggi ancora un po’.

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