The Cinematic Orchestra – To Believe (2019)
“La miniaturizzazione dell’armamentario di ‘macchine’ che occorrono per registrare album di qualità e il nomadismo globalizzato”, sono due concetti presi in prestito da Valerio Corzani e apparsi nella pagina di Rai Radio 3 per descrivere brevemente la nota introduttiva della trasmissione “L’idealista” del 15 Marzo 2019.
Un fortunato incidente ha voluto che esattamente lo stesso giorno in cui il programma di Rai Radio 3 ha mandato in onda una selezione di cinque album, di altissima caratura, registrati in giro per il mondo, i The Cinematic Orchestra, maestri del suono in tutte le sue sfaccettature dal 1999, riappaiano in tutta la loro superiorità dopo un silenzio durato dodici anni. Qual è la connessione tra i due eventi? La circostanza che To Believe, quarto album del progetto londinese, tra i più influenti nella musica elettronica dagli anni ’90 a oggi, sia stato registrato interamente in zone di transito: alberghi, appartamenti e spazi condivisi.
Sono trascorsi dodici anni da quando Jason Swinscoe e Dominic Smith hanno pubblicato il loro terzo album “Ma Fleur” (2007), ma l’uscita di “To Believe” era inizialmente programmata per il 2016, anno in cui fu svelata la title track. Muniti di uno studio remoto fatto di MacBook, una tastiera MIDI, una scheda audio universale, un microfono Neumann, ProTools e la voglia di rincorrersi l’un l’altro cercando di non farsi sfuggire nessuna intuizione, trattenendo ogni impercettibile suono stratificato, i The Cinematic Orchestra hanno dato vita a una creazione ambiziosa, meticolosamente realizzata e assemblata.
Ogni traccia era passibile di molteplici strutturazioni e decostruzioni, tanto che gli ospiti dell’album hanno collaborato al buio sulle take incomplete ignorando fino all’ultimo il risultato finale. “To Believe” viene fuori in tutto il suo splendore, già dal titolo che mette in discussione tutte le persuasioni di un mondo che ci guarda mentre andiamo all’inferno, sussurra Moses Sumney nella title track.
Si è già detto come tutti i guest dei The Cinematic Orchestra abbiano lavorato a un materiale incompiuto, così anche Gray Reverend, pseudonimo di Larry D. Brown, che mette in scena Zero One/This Fantasy, Roots Manuva in A Caged Bird/Imitations Of Life, Tawiah che aggiunge la voce a Wait For Now/Leave The World, Heidi Vogel che appare nella rapsodica traccia di chiusura A Promise. A metà due brani interlocutori, interamente strumentali, Lessonse The Workers Of Art, in cui gli archi di Miguel Atwood-Ferguson e le tastiere di Dennis Hamn, entrambi appartenenti alla corte di Flying Lotus e Thundercat, contornano una suite di pregevole incanto.
“To Believe” è composto da solo sette tracce, ma è un raffinato prodotto di laboratorio tipico del progetto britannico, probabilmente il più esplorativo della loro carriera. Sono mancati dodici anni ma, come al solito, i The Cinematic Orchestra hanno consegnato al pubblico un album che corrisponde perfettamente a un viaggio di lunga durata.
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