Van Morrison – The Prophet Speaks (2018)

di Paolo Panzeri

Van Morrison non molla di un centimetro e non si ferma più. Solo sei mesi fa aveva pubblicato “You’re Driving Me Crazy”, con il supporto dell’organista jazz Joey De Francesco. Sei mesi fa, però, erano sei mesi fa, era il passato. Ora, prima della fine dell’anno, è in arrivo il suo secondo disco del 2018, “The Prophet Speaks”. Due sono anche gli album che aveva pubblicato nel 2017. Uno ne uscì nel 2016 e un altro ancora nel 2015. Non sappiamo cosa sia scattato nel cuore e nella testa del leone di Belfast – se poi è scattato qualcosa - da portarlo a tenere questo notevole ritmo di pubblicazione. Ad onor del vero, Van è sempre stato musicista prolifico e la sua discografia lo testimonia. Vero anche che questi suoi ultimi album non sono composti interamente da brani inediti, bensì, in buona parte, dalle sue versioni di canzoni scritte e interpretate in precedenza da altri. Una formula che oltre a ridurre l’impegno di scrivere e proporre nuovi brani possiede il pregio di poter inserire nelle tracklist alcuni standard – generalmente pescati dallo sconfinato patrimonio jazz oppure blues – che le rendono più accattivanti e fruibili. Così scritta sembrerebbe una mera operazione studiata a tavolino dall’esito scontato. Potrebbe esserlo, ma trascinare in studio di registrazione il burbero irlandese se lui non è d’accordo è impresa quasi impossibile e poi il soldo di questi tempi passa per le fatiche dal vivo, in concerto, non da dischetti che ormai non compra più nessuno. O quasi. E, da ultimo, non basta proporre una manciata di cover per cavarsela di fronte a critica e pubblico se non ti chiami Van Morrison.

“The Prophet Speaks” è il quarantesimo album della discografia di Van Morrison. Il disco si compone di 14 brani. Sei sono gli inediti scritti di suo pugno, gli altri otto sono cover. Come già nel precedente “You’re Driving Me Crazy” la squadra di lavoro non è mutata: Joey De Francesco alle tastiere, Dan Wilson alla chitarra, Michael Ode alla batteria e Troy Roberts al sax. Van ha parlato di vero piacere nel collaborare con questi grandi musicisti. Questo vero piacere lo si percepisce all’ascolto. La band fila come un treno in perfetto orario e si dimostra ben oliata in ogni ingranaggio anche al cospetto di classici come “Dimples” di John Lee Hooker oppure “Gotta Get You Off My Mind” di Solomon Burke oppure ancora “Teardrops” e “Worried Blues/Rollin and Tumblin” di J.D. Harris, spazio anche al Willie Dixon di “I Love the Life I Live”. Morrison pesca da blues e soul, fa propria ogni sfumatura e la colora di jazz. Se le cover sono grandi canzoni quasi per definizione, altrettanto si può dire degli inediti che vanno ad amalgamarsi alla perfezione e non creano buchi o passaggi a vuoto nell’album.

Il profeta parla ed è educato starlo ad ascoltare. Ascoltandolo rivolgiamo a noi stessi alcune domande. Per quanto tempo ancora parlerà? Per quanto tempo ancora noi lo ascolteremo? Quando verrà il tempo di un prossimo album di Van Morrison? Continuerà a pubblicare dischi con questa cadenza di uscita semestrale? Riuscirà a pubblicare, prima o poi, un brutto disco? Esercizio inutile, domande che lasciano il tempo che trovano e che si perdono nel vuoto. Ascoltare Van Morrison cantare è uno dei piaceri della vita, il presente è “The Prophet Speaks”, e per ora può bastare.

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