Rosanne Cash – She Remembers Everything (2018)

di Fabio Cerbone

Per un'autrice e interprete che aveva iniziato la sua carriera all'ombra della grande tradizione di famiglia - spesso ingombrante, quando non insostenibile - Rosanne Cash ha compiuto una maturazione artistica a suo modo imprevedibile. Il ritorno sulle scene negli anni Duemila, con una serie di album dal carattere più riflessivo rispetto agli esordi da stellina neo-country, le ha offerto la possibilità di trasformarsi in una voce adulta dell'Americana, una sorta di madrina che potesse portare la fiaccola per l'intero movimento. Non è un caso che sia stata onorata con premi prestigiosi (e simbolici), buon ultimo il cosiddetto "Spirit of Americana" Free Speech Award, che il circuito di Nashville le ha attribuito per il suo attivismo civile e politico, tra cui l'impegno contro il proliferare delle armi da fuoco e le campagne a favore della comunità dei musicisti nei confronti dei nuovi colossi dello streaming digitale (Spotify e simili).

She Remembers Everything consolida a livello artistico questo ruolo e soprattutto prosegue, da un punto di vista sonoro, il percorso del precedente e fortunato (diversi Grammy portati a casa) The River & the Thread. Si sposta soltanto l'oggetto delle canzoni, che dai ricordi familiari, dall'intensa eredità del cognome Cash (si pensi anche all'ottimo Black Cadillac, pubblicato a ridosso della scomparsa dei genitori), approda a una saggia consapevolezza di donna, indagando il passaggio del tempo e la mortalità, l'esistenza vissuta fra la dimensione dell'artista e quella dei rapporti amorosi, l'avvicendamento fra sentimenti di sofferenza e conforto. Non necessariamente un'opera soltanto autobiografica, eppure un disco che riflette senz'altro esperienze personali, calandole quindi nella realtà americana di oggi: da qui il confronto fra The Only Thing Worth Fighting For e la protagonista di un brano come 8 Gods of Harlem (in duetto con Kris Kristofferson ed Elvis Costello), l'evocazione intima di Crossing to Jerusalem e quella più dolorosa di My Least Favorite Life.

Per affrontare queste tematiche e per enfatizzare l'interpretazione, Rosanne Cash ha scelto ancora una volta un suono che oscilla fra affabili pulsioni roots e un pop rock più levigato, dividendo la produzione fra Portland e New York sotto la regia di Tucker Martine e del marito John Leventhal. Senza scossoni e men che meno cambi di umore fra i due ambienti, She Remembers Everything è un lavoro che si mantiene in equilibrio con esperienza e parecchio mestiere, avvolto in un sound impeccabile, fin troppo perfetto, capace di esaltare a tratti le dolci cadenze rootsy della protagonista (The Undiscovered Country) così come di ammantarsi di raffinate ambientazioni elettriche (la citata The Only Thing Worth Fighting For in apertura, l'incedere stradaiolo di Not Many Miles to Go, la stessa title track, con la partecipazione di Sam Phillips).

Certo, la presenza di qualche invitato d'onore, la carica drammatica e ricercata di alcune ballate, la copertina stessa, pericolosamente oltre il limite del kitsch, e tuttavia in accordo sia con lo stile affettato di Rosanne al canto, sia con l'egida Blue Note che pubblica il disco, sono tutti segnali di un'emotività a volte un po' studiata a tavolino.

Commenti

E T I C H E T T E

Mostra di più