Daughters – You Won’t Get What You Want (2018)
Quando ho messo su “You Won’t Get What You Want” dei Daughters pensavo di aver messo su per errore “Skeleton Tree” di Nick Cave, infatti inizia con la stessa nota continua e distorta; mi son bastati poi in realtà due secondi per capire che non avevo sbagliato file e che mi trovavo in un’altra zona della disperazione, quella dove volutamente manca la poesia. Perché non vi è poesia nei nostri incubi peggiori ma solo flash, immagini terrificanti di città vuote, capelli che si muovono e acqua stantia.
Questa sensazione di smarrimento si fa più frenetica tanto da raggiungere stati di panico, come quando si perde il senso dell’orientamento al buio e non si hanno punti di riferimento per ritrovarsi. Sin dal titolo, distruggendo la speranza Stonesiana per cui “non otterrai sempre ciò che vuoi” i Daughters ci schiacciano con un granitico “Non otterrai ciò che vuoi”, non ci sperare neanche!
Nel comporre affreschi disturbanti, i Daughters sono molto bravi, con “You Won’t Get What You Want” ci portano in zone di angoscia esacerbata fino al parossismo in cui tutto quello che vivi può solo peggiorare. Beh, se questo è quello che vogliono comunicare ci sono riusciti egregiamente. Capisci che il tutto è frutto di aver lasciato dei “canali” aperti verso una sensibilità del dolore per un mondo dilaniato da orrore e violenza in cui le nostre vite sono condannate a non cambiare mai perché “il nostro domani potrebbe essere il nostro ieri. Sì ma, perché dopo aver ascoltato tutto l’album mi sento così meglio? È come se fossi più leggero e lucido, anche la vista mi pare più a fuoco.
Perché mentre la gente muore a causa di guerre e carestie, noi sono qui e andiamo al cinema, ai concerti, andiamo al mare e in montagna e anche se soffriamo per tutto ciò che ci affligge, anche se attraversiamo le peggiori disgrazie, la nostra visione, la nostra dimensione non sarà mai così cupa. È questo l’effetto che i Daughters ci vogliono trasmettere: la catarsi. Un dark estremo, un “Noise-Dark” privo di romanticismo per far venire a galla le nostre paure dalla mente di superficie, lasciarle scorrere e dissolversi, per lasciare che quel mostro nero che ci abita dentro prenda vita propria, prenda il controllo di sé e abbandoni il controllo di noi, per esser affrontato e farci capire che non è poi così forte.
Chi tra voi ha inteso le mie parole e si sente preso in causa starà già ascoltando quest’album prima ancora di essere arrivato a leggere fin qui. Questo succede quando la musica ci viene in soccorso. Una terapia d’urto.
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