The Cure - Disintegration (1989)

A sentire Kyle, uno dei protagonisti di South Park, questo sarebbe «il miglior album di ogni tempo». Difficile dissentire da un cartone animato, forse addirittura impossibile. Diciamo che con ogni probabilità si tratta dell'album migliore dei Cure, parte seconda di una presunta trilogia che comprende anche Pornography (1982) e Bloodflowers (2000), culmine di un percorso che colloca la band di Robert Smith all'incrocio perfetto di alcune strade fondamentali per il rock'n'roll, almeno per quello degli anni Ottanta: il gusto dark (o gotico, per dirla all'inglese), una sensibilità pop di intelligenza rara, il romanticismo post punk (e post Smiths, post Bowie) portato all'estremo del languore, contraddetto da un suono solidissimo, a suo modo essenziale, senza sprechi. Durante la registrazione dell'album, nel 1988, Robert Smith diventa l'unico componente della band che fa parte dei Cure fin dall'inizio della storia, da quel 1978 in cui lui stesso sceglie il nome al gruppo e prima ancora, da quando i Cure non si chiamano ancora cosi e chi ne fa parte è ancora un ragazzino. Si, c'è ancora Lol Tolhurst, ma il suo alcolismo lo rende inabile a tutto (sul disco si scriverà che ha suonato «altri strumenti», chissà quali): il confronto creativo vero è quello tra Smith e Simon Gallup, che suona soprattutto il basso, e che è tornato dopo aver lasciato la band ai tempi di Pomography, stanco di ciò che a lui sembra un eccesso di nichilismo. Ora, in effetti, i toni sono diversi. Certo non allegri, certo non spensierati, certamente oscuri e problematici, ma redenti, o forse semplicemente (miracolosamente) salvati dal potere della musica. Robert Smith annuncia a tutti che questo sarà il loro ultimo album insieme: si scoprirà poi che non è vero, ma il clima di ultima spiaggia sembra giovare al progetto complessivo. Disintegration è un album molto suonato, con molto musica, il primo dei Cure a essere progettato per la durata del compact disc. I brani sono dodici, metà dei quali superano i sei minuti (un'eternità, per un gruppo pop): già il primo, Plainsong, dà al tutto un andamento maestoso, nei suoni e nei ritmi, che gli altri undici non contraddiranno mai. Con il suo trucco e il suo rossetto, Smith rappresenta se stesso e il suo cuore spezzato nascondendosi dietro elaborate messe in scena. Ma non era forse questo la new wave? (Mia valutazione: Ottimo)

di P. M. Scaglione - Rock! (Einaudi)

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