David Crosby – Sky Trails (2017)
Sono passati quarantasette anni dall’inarrivabile capolavoro “If I Could Remember My Name” del 1971, album tra i più belli della storia del rock nella sua miracolosa sinergia tra le migliori menti della west coast californiana coordinate e dirette da un immenso David Crosby. Oggi non è più tempo di miracoli, ma di ottimi dischi sicuramente sì. Dopo l’eccellenza citata, Crosby, oltre a vicissitudini personali che l’hanno duramente provato, non è stato più all’altezza di avvicinarsi neppure lontanamente a quell’opera epocale, ed è solo da poco tempo a questa parte e dall’ultimo terzetto di album che le cose sembrano cambiare in positivo per l’ormai settantacinquenne musicista che ancora una volta dà una sterzata alla sua produzione con questo nuovo album in pochi anni. La svolta è quella di abbandonare parzialmente la costa californiana (musicalmente parlando) per muoversi in territori dalle atmosfere più jazzy piuttosto che folk o country come in passato.
She’s Got To Be Somewhere che apre l’album è sintomatica di questa deviazione, nelle sembianze di un ottimo brano che sembra uscito dalla penna di Donald Fagen. Questi suoni levigati e raffinati li ritroviamo in Sell Me A Diamond, nonostante una steel guitar miagolosa come Santa West Coast comanda, in Here It’s Almost Sunset dominata dal sax soprano di Steve Tavaglione, nei sette minuti di Capitol (un pò Sting-oriented) e soprattutto nella meravigliosa ballad da crooner anni ’40 Before Tomorrow Falls On Love per sola (splendida) voce, pianoforte e un evanescente basso elettrico.
Un accenno, peraltro magnifico, di west coast lo ritroviamo però nella title track cantata a due voci con la Mitchelliana (nel senso di Joni) Becca Stevens, anche coautrice del brano, mentre la vera Joni Mitchell si disvela nella stupenda cover di Amelia (dall’album “Hejira” del 1976) anche questa solo per (quasi) voce e piano. C’è spazio ancora per la flamencata (ma non troppo, per fortuna) Curved Air, l’intimistica, bellissima e raffinatacrtoz Somebody Home e la conclusiva, rarefatta e splendida, Home Free che chiude un album elegante, sofisticato e di altissimo livello come il cantautore californiano non faceva dai tempi del capolavoro del ’71, che pur rimanendo ovviamente irraggiungibile, viene tallonato degnamente da questa riuscitissima nuova opera, che possiamo annoverare almeno al secondo posto nella ristretta discografia di David Crosby.
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