Chris Bathgate - Dizzy Seas (2017)
Un passo dopo l'altro. Flettersi e distendersi. Il ritmo del respiro che cerca il suo equilibrio, con la lentezza di un fluire ipnotico. Il moto meccanico del corpo, il libero spaziare della mente.
Ha fatto un lungo cammino, Chris Bathgate. Ha attraversato il silenzio dei boschi e la voce dei propri pensieri. Il suo ultimo album, "Salt Year", risaliva ormai al 2011. Poi, l'anno scorso, lo schivo riaffacciarsi con l'Ep "Old Factory". Ed ora, finalmente, il ritorno vero e proprio: perché le canzoni del songwriter americano sono fatte della stoffa preziosa delle cose per cui vale ancora la pena attendere.
"As my footsteps start to fade/ How my thoughts they drift away", annuncia "Northern Country Trail", il brano chiamato ad anticipare il nuovo disco. Perdersi. Scomparire. È questo che Bathgate ha cercato lungo il percorso, e "Dizzy Seas" ne porta l'eco in ogni nota. Contorni impalpabili come le macchie di Rorschach della copertina, paesaggi atmosferici come il trascolare di un sogno ad occhi aperti: "Vorrei che la mente di chi ascolta potesse vagare liberamente durante una canzone".
L'essenza è fatta sempre della materia prima del folk, come insegna il lirismo antico del fiddle di "Water". Ma quel palpitare sottile che freme sottopelle, quello spaziare liquido che abbraccia il suono appartengono a una dimensione più onirica: "Sometimes my thoughts/ Are like lights on the water".
Come un Bon Iver che non dimentica le proprie radici, il Bathgate di "Dizzy Seas" si immerge allora nel viaggio per lasciarsi trasportare lontano.
Il banjo di "O(h)m" apre le porte a una danza dal sapore agreste, con la memoria del tempo degli esordi, delle pagine di "Throatsleep". Il riff elettrico che scandisce l'incedere deciso di "Beg" rimanda all'Americana di "Salt Year" e "A Cork Tale Wake". Poi, però, ecco "Hide" fluttuare sospesa, dilatarsi a mezz'aria sospinta dalle correnti del rimpianto: "All my wasted days come back to me/ Every hour, broken and dour, returns".
In una traiettoria così personale, non è un caso che l'unico elemento estraneo finisca per suonare anche quello meno calzante, lasciando nell'incertezza la collaborazione con il compagno di etichetta Tunde Olaniran in "Low Hey".
È un bisogno di orizzonte a spingere Bathgate. "A un certo punto ho cominciato a sentirmi sempre più a disagio quando mi trovavo al chiuso", racconta. "Non sopportavo più l'idea di avere un tetto sopra la testa". Ci sono cose che solo il respiro degli spazi aperti può custodire. "All the breathing of the night/ All the shifting of the lights/ All I need now is a sign", implora "Beg".
L'imponenza della natura e della solitudine permea ogni brano: la traccia di un sentiero nella foresta, come nel video che accompagna "Northern Country Trail"; lo scintillio dell'acqua increspata dal vento, come nei versi di "Come To The Sea"; una chitarra dai fili d'argento che tesse i suoi intarsi.
Non basta un ascolto distratto per apprezzare la ricchezza della trama di "Dizzy Seas". Ancora una volta, le stratificazioni dei brani di Bathgate chiedono di andare oltre la superficie, dalle spirali della title track alla chitarra nervosa di "Tintype Crisis", fino al soffuso epilogo di "Nicosia". Chiedono di lasciarsi andare, di guardarsi dentro. Di camminare nella notte con gli occhi pieni di domande: "How strange is the night?/ How strange is my time?/ How strange am I?".
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