Broken Social Scene – Hug Of Thunder (2017)

di Fernando Rennis

«L’inconscio collettivo è il precipitato di tutte le esperienze mondiali di ogni epoca, è quindi un’immagine del mondo che si è venuta formando nel corso di eoni». A Carl Gustav Jung sarebbero piaciuti i Broken Social Scene, compagine multiforme e variabile che dal Canada è partita a suon di pop celebrativo ed estatico per poi conquistare tutto il mondo. Un ruolo, quello di alfieri della nuova musica indipendente nata sotto la foglia d’acero negli anni ’00, che la band condivide coi colleghi Arcade Fire. Le similitudini tra i due gruppi, soprattutto agli inizi, erano evidenti, anche se ognuno ha trovato poi la strada più consona alla propria natura stilistica.
Decenni dopo eccoci a testimoniare nello stesso mese l’uscita di Hug Of Thunder dei Broken Social Scene e quella di Everything Now degli Arcade Fire. Gli ultimi hanno deciso di portare avanti il discorso accennato in Reflektor dando ampio risalto alla dance. I primi, invece, hanno scelto di riprendere l’estatica miscela di rock e crescendo epici degli esordi sostituendo l’elettronica alla dimensione acustica e avvalendosi della presenza di alcuni artisti del calibro di Feist, Emily Haines e James Shaw dei Metric, oltre che di Amy Millan e Evan Cranley degli Stars. A distanza di sette anni da Forgiveness Rock Record, i BSS si concentrano ancora sull’arco che unisce un sentore collettivo (ovvero i tempi grigi che stiamo vivendo – il caso ha voluto che subito dopo gli attacchi terroristici i Nostri si siano esibiti a Manchester con Johnny Marr in una performance toccante ed emotivamente carica di significato) alla sfera personale insita nell’essere umano. Ecco perché l’abbraccio di un fulmine trasforma l’associazione di parole alla base del titolo di questo album nella necessità di reagire a quello che non va attorno e dentro di noi.
La reazione auspicata dai Broken Social Scene tocca vari stati del subconscio: la frenesia di scappare da qualcuno (noi stessi?) o qualcosa (Halfway Home), il bisogno di rispondere a domande esistenziali da cui sgorga un’inaspettata dolcezza (Protest Song) e, ancora, l’abbandonarsi alla malinconia di Skyline. Per certi versi, Hug Of Thunder è una seduta psicanalitica in cui la band e l’ascoltatore si scambiano continuamente i ruoli di paziente e dottore. Durante questo stream of consciousness i toni si fanno di volta in volta intimisti (Hug Of Thunder), lisergici (Victim Lovers), poliedrici (Mouth Guards of The Apocalypse), ma sono tutti accomunati da un fattore scatenante: la bellezza. I dodici brani di questo ritorno dei canadesi poggiano tutti più o meno sullo stesso livello qualitativo, livello molto alto per intenderci. Una quadratura del cerchio che fa leva su chitarre granitiche sorrette da ritmiche ariose ed essenziali, meccaniche che contrastano la spiritualità di litanie lambite da raggi di luce che diffondono speranza anche quando l’oscurità sembra aver preso il sopravvento. A rendere questo disco così interessante è la necessità di speranza che ogni canzone riesce a sprigionare, bisogno reso più vivido dagli incisi urlati a squarciagola dal collettivo di musicisti. Quest’ultima immagine è forse la connessione più stretta tra i Broke Social Scene e gli Arcade Fire, ma, stando agli album che i due gruppi hanno pubblicato quest’anno, Toronto batte Montréal per compattezza, ispirazione e una frenesia esistenziale sincera.
Il tempo ha consegnato ai Broken Social Scene un attestato di credibilità che, nonostante qualche episodio “poco chiaro” in passato, oggi trova nuovo vigore. La visione del mondo di questo collettivo è schietta e sincera, come una chiacchierata tra due amici che non si vedono da molto tempo, ma che ritrovano subito la complicità. Ed è bello aver ritrovato questa band con questo album: potremmo scegliere di non urlarlo ai quattro venti, ma l’inconscio non mente.

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