Nirvana - Nevermind (1991)

Kurt Cobain e Krist Novoselic sono di Aberdeen, 150 chilometri a sud di Seattle, il pili grande bordello del Nordovest ai tempi della caccia alle balene, ora una cittadina piovosa e noiosa piagata dalla disoccupazione. La madre di Krist fa la parrucchiera, i genitori di Kurt, meccanico e segretaria, si sono separati quando lui aveva otto anni, trasformando il bambino biondo e solare in un ragazzino difficile sballottato tra i parenti. Cresciuto con i Beatles, si appassiona alle sorti dei Sex Pistols senza averli mai sentiti suonare (a Aberdeen i dischi punk non arrivano); pif grande, si attacca ai Melvins, la migliore band locale. A sedici anni va (con Buzz Osborne dei Melvins) al primo concerto della sua vita: i Black Flag. Quando arriva Dave Grohl, il nuovo batterista, lui e Novoselic hanno già registrato un album (Bleach, per la Sub Pop di Seattle) e diverse nuove canzoni nello studio di Butch Vig, il produttore che la Sub Pop ha chiamato per migliorare il suono della band, troppo leggero sul primo disco. Si dice che l'etichetta stia per stringere un accordo di distribuzione con una major, il che spinge i tre a «saltare gli intermediari» e a cercarsi un contratto pili favorevole. Su suggerimento di Kim Gordon dei Sonic Youth, che hanno già firmato con loro, si fanno avanti quelli della nuova impresa di David Geffen, la DGC. Il primo disco è costato 600 dollari di studio, questo costerà cento volte di Pili, ma poco cambia, in fondo. Nevermind è il risultato del lavoro dei tre Nirvana e del produttore, con Kurt che cerca di limitare al massimo i contributi esterni e perfino il numero delle registrazioni. Quasi tutto è chitarra-basso-batteria. Per raddoppiare le tracce vocali, Vig vince le resistenze di Cobain con l'unico argomento a cui non ha risposta: «John Lennon l'ha fatto». A tre mesi dall'uscita, Nevermind spodesta Michael Jackson dal numero uno in claFifica e finalmente dà il via (nel gennaio 1992) agli anni Novanta. E una tempesta perfetta che annulla l'heavy metal commerciale dalle classifiche Usa, ridimensiona il pop, dà voce alla generazione nata negli anni Sessanta (la proverbiale « Generazione X»). Con il suo suono duro eppure - a suo modo — levigato (e di questo Cobain si lamenterà sempre), con le sue melodie beatlesiane e i contrasti di suono alla Pixies, Nevermind è la vetta artistica toccata dal grunge, la musica di quella generazione.

di P. M. Scaglione - Rock! (Einaudi)

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