Beastie Boys - Paul's Boutique (1989)

John King e Mike Simpson hanno cominciato trasmettendo musica hip hop alla radio del college: alla metà degli anni Ottanta sono gli unici a farlo, nell'area di Los Angeles. Poi hanno cominciato a mettere i dischi alle feste e facendosi chiamare Dust Brothers sono finiti a produrre i rapper Tone-Loc e Young MC. I Beastie Boys sono nati come gruppo punk hardcore alla fine degli anni Settanta. Poi hanno scoperto il rap, e Rick Rubin della Def Jam ha scoperto loro: il risultato è Licensed To III, un album uscito nel 1986 che rimarrà negli annali come il disco hip hop pili venduto del decennio. Considerati benevolmente discoli, o dai maligni (finti) idioti, provocano e colorano di demenza un rap fatto da bianchi, e pure di buona famiglia. Una novità assoluta, a questi livelli. Cosi, quando si separano da Rubin e dalla sua macchina per costruire hit, tutti li danno per persi, finiti. E vero, in un certo senso, è vero fino a quando le strade dei Dust Brothers e quelle dei Beastie Boys non si incontrano. E vero: in quel momento esatto, i vecchi Beastie Boys finiscono, e ne cominciano di nuovi. Paul's Boutique, l'album che celebra l'incontro e decreta la rinascita, è in larga misura opera dei due produttori, che infatti stanno lavorando a un disco tutto loro quando vengono ingaggiati dalla band. L'idea di fondo parte dai Public Enemy di It Takes A Nation Of Millions. . . , ma punta decisamente lontano, grazie anche alle possibilità offerte dai nuovi campionatori digitali. Il «camPione» non è pili un frammento, un loop preso in prestito e usato ai propri fini, ora è l'elemento base di un processo molto pili sofisticato che produce nuova musica a partire dalla vecchia. Un perfetto esempio di tecnica e approccio post-modem applicati alla muSica. E stato calcolato che in Paul's Boutique sono presenti i fantasmi di pif di cento altre canzoni, dei Beatles, di Curtis Mayfield, dei Pink Floyd, Sly Stone... C'è tutto un mondo, dentro questo album (che non a caso si chiude con B-Boy Bouillabaisse, la zuppa di pesce dei B-Boy, più chiaro di cosi), che però riesce magicamente a non dare mai l'impressione del minestrone. Piuttosto, l'immagine che viene alla mente è quella del caleidoscopio di colori, il che rimanda a un carattere psichedelico nei suoni e a un rap che non schiaccia mai le basi musicali su cui poggia. (Mia valutazione: Buono)

di P. M. Scaglione - Rock! (Einaudi)

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