Progback!

I nuovi dischi degli inglesi Marillion e Van Der Graaf Generator stanno riscuotendo un buon successo ed entrambi strizzano l'occhio al proprio passato. Altri seguiranno?
di Claudio Todesco

Starà mica tornando il progressive? La musica analogica e immersiva per eccellenza si sta forse rianimando? La verità è che il prog non se n’è mai andato. E siccome oggi in musica, a meno che non siate Taylor Swift o Adele, le nicchie ti pagano pranzo e cena, e magari in anticipo grazie al crowdfunding, ecco che un gruppo che aveva messo alle spalle il progressive torna a casa, più o meno. Loro sono gli inglesi Marillion, l’album s’intitola F.E.A.R., che sta per Fuck Everyone And Run. Contiene cinque brani appena, durata media tredici minuti e mezzo, piccoli viaggi pieni di curve e cambi di scenario, come piace agli appassionati. Dal prog i Marillion prendono il carattere narrativo e qualche digressione strumentale, però usano tinte scure e sostituiscono l’enfasi romantica con suoni che non stonano in un mondo post Radiohead.

Nei testi puntano il dito contro i soliti sospetti: banche «too big to fail», politici che alimentano la paura, multinazionali, speculatori avidi che «fottono e scappano», oligarchi russi e pure Tony Blair. Si parte con l’immagine di nuvole che s’addensano minacciose sulla campagna inglese, si passa attraverso un paio di pezzi sull’alienazione della vita da musicista (no, The Leavers non è sulla Brexit), si chiude con un finale nostalgico su quanto si stava bene prima della turbofinanza. A quanto pare funziona e nel Regno Unito l’album ha debuttato al quarto posto in classifica, tenendosi dietro poppettari di successo come i Bastille. Per il Guardian, e non solo, F.E.A.R. è quite possibly il disco migliore del gruppo da vent’anni a questa parte. Continua a leggere...

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