It’s Evolution, Pearl Jam!

Chi conosce i Pearl Jam conosce pearljamonline.it, il miglior sito italiano – e non solo italiano – dedicato alla band di Seattle. I suoi curatori hanno appena mandato alle stampe “Evolution”, la più aggiornata biografia su Vedder e compagni disponibile sul mercato. Dai Green River e Mother Love Bone fino all'ultimo tour estivo con i sold out allo storico Wrigley Field di Chicago, un lunghissimo viaggio lungo 472 pagine attraverso interviste, dichiarazioni e analisi approfondite di dischi e tour. Ne pubblichiamo un estratto

di Daria Moretti e Luca Villa

Il 20 giugno 2014, dopo un’assenza di quattro anni e con uno Stadio San Siro gremito fino al terzo anello, i Pearl Jam ritornano in Italia per la prima delle due date previste nel Belpaese. Dopo anni di palazzetti e arene, la band si esibisce per la prima volta negli stadi. «In realtà un precedente c’è», ricorda Stone. «Nel 1993 suonammo negli stadi di Roma e Verona. Non ci eravamo mai esibiti di fronte a tanta gente e in Italia eravamo stati solo un paio di volte. Tornare nel vostro paese è un privilegio, il pubblico è generoso».

Alle 18:00, mentre sui maxischermi dello stadio sta per essere trasmessa in diretta dal Brasile la partita dei mondiali di calcio Italia-Costa Rica, Vedder sale sul palco con una maglia azzurra numero dieci personalizzata “Eddie”, regalatagli nel backstage dall’ex campione del mondo Marco Materazzi. Chi tra il pubblico è impegnato a fare la fila per una birra o a chiacchierare con gli amici resta di stucco nel vedere quel piccolo, grande uomo su un palco così immenso. Sono passati quasi vent’anni da quando, sempre a Milano ma in uno spazio decisamente più raccolto, il cantante faceva la stessa cosa regalando ai fan una cover degli Who. Ed è lo stesso Eddie, con qualche ruga in più ma dal cuore sempre grande, che a sorpresa suona Porch, facendo il suo personale in bocca al lupo agli azzurri e surriscaldando l’atmosfera, senza però sortire l’effetto sperato. La nazionale perde infatti la partita e in seguito anche la qualificazione ai quarti di finale, ma ai fan a quel punto importa ben poco. L’attesa è tutta per i Pearl Jam, che salgono sul palco alle 20.45.

Partono inconfondibili le note di Release e l’ovazione è talmente grande che quasi sovrasta la voce di Vedder. Segue Nothingman e non è facile trattenere l’emozione, sia per chi segue la band da tanti anni sia per chi li ha scoperti solo da poco. Quel legame speciale tra i Pearl Jam e i fan italiani di cui parlava Gossard è lì, visibile negli occhi di tutti, quasi tangibile nell’eccitazione che attraversa come un’onda il grande stadio milanese. Lo stato di amore e fiducia, quella particolare emozione che ha dato il titolo a una delle migliori canzoni dei Pearl Jam, viene definitivamente sancito e amplificato in questo spazio così imponente, che all’inizio pare quasi intimorire la band, ma che una volta rotto il ghiaccio crea un’atmosfera non troppo dissimile da quella che si percepiva al Forum di Assago o all’Arena di Verona solo pochi anni prima.

La band decide di continuare il set con altri due lenti: Sirens, il primo estratto dal nuovo disco, seguita a sorpresa da una maestosa versione di Black. Una canzone solitamente riservata ai bis, ma che i cinque si giocano subito perché fanno sul serio e hanno capito benissimo con che tipo di pubblico hanno a che fare.

«Ci siete tutti? Tutto ok? Siete pronti?», chiede conferma Vedder. I sessantamila di San Siro rispondono cantando ogni singola canzone delle trentaquattro proposte in tre ore di spettacolo. Go e Do The Evolution inaugurano la parte più rock della scaletta. Al termine di Corduroy, Eddie dice: «Ho fatto tanti brutti sogni recentemente, così tante folli visioni che ora ho paura di chiudere gli occhi. Penso di aver letto troppi giornali. Ma ora che vedo tutti voi qui a Milano, è un grande sogno. Grazie a tutti!». Continua a leggere...

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