AC/DC - Back In Back (1980)

Evocare l'inferno è facile. Ritrovarcisi dentro, un po' meno, soprattutto quando le cose ti vanno bene e stai cominciando a programmare il futuro. Quando Bon Scott viene dichiarato morto, a Londra, nel febbraio 1980, la sua band, composta perlopiú da australiani come lui di ascendenze britanniche, sta già lavorando all'album che dovrà dare un seguito a Highway To Hell, il disco che li ha lanciati in America e li ha fatti entrare tra i grandi dell'hard rock mondiale, Quella morte assurda sembra coerente con la storia di un gruppo che ha occasionalmente giocato con immagini sataniste, quasi un compimento di oscure profezie. Ma il loro è un satanismo da fumetti, un modo per parlare di alcol e di sesso, i temi che davvero interessano quelli della band e che soprattutto stanno al centro di tutte le loro canzoni. Ciò che la morte di Bon Scott potrebbe davvero significare, invece, è la fine della band, che è nata per volontà e sulle idee dei fratelli Young, Angus e Malcolm, entrambi alla chitarra, ma che — come tutte le band di rock'n'roll — finisce per essere identificata piú che altro con chi ci mette la voce e il corpo sul palco. In poche settimane ai fratelli "Young riesce il miracolo: in Brian Johnson, cantante dei Geordie, per ragioni di sopravvivenza momentaneamente impegnato alla catena di montaggio della British Leyland, trovano una voce adatta agli AC/DC, ancora piú stridula e priva di sfumature di quella di Scott («La voce di uno a cui stia passando un autocarro sui piedi», sintetizza Angus Young), e vanno avanti a registrare quanto hanno scritto. Decidono di ricordare il loro vecchio cantante in maniera sobria (per la prima e ultima volta l'aggettivo si adatterà alla band), dipingendo di nero la copertina del nuovo album e facendolo partire con il suono delle campane da morto. Il produttore Mutt Lange, che nel decennio che nasce diventerà sinonimo di pop luccicante e levigato, interviene genialmente per farli rallentare: non sono mai frenetici, gli AC/DC in Back In Black, lasciano che il falsetto impossibile di Johnson si faccia carico di ogni facile teatralità. Le chitarre - registrate benissimo sono quasi maestose, perfino eleganti, i riffsempre efficaci senza essere scontati. Da questo album nasce l'heavy metal anni Ottanta, che riuscirà nel miracolo di sembrare per un intero decennio praticamente sempre indegno dei suoi stessi iniziatori. (Mia valutazione: Buono)

di P. M. Scaglione - Rock! (Einaudi)

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