In boxer a sudare sul sassofono

Altro che istinto, John è diventato Coltrane con l’esercizio matto e disperatissimo

Come si diventa ciò che si è? Prima di diventare se stesso, John William Coltrane fu, in ordine sparso: orfano di padre e madre a dodici anni, marinaio a Pearl Harbor (registrò per la prima volta una session informale alle Hawaii), eroinomane, ottimo studente alle elementari e alle medie, studente svogliato alle superiori, e un ragazzo folgorato da Charlie Parker. E prima ancora, novant’anni fa, il 23 settembre 1926, fu soltanto un neonato nero come tanti altri – e che come tanti altri portava un marchio. Coltrane era un cognome di origine scozzese, appartenuto a una famiglia americana e, secondo l’uso all’epoca, trasmesso ai propri schiavi. Ma John fu anche il simbolo del modo in cui a una radice o a un destino ci si possa ribellare.

Fin da adolescente amava restare solo con il suo strumento: un flicorno e un clarinetto prima, un sassofono poi. Le parole più ricorrenti nei ricordi degli amici sono «umile», «tranquillo», «riservato», «gentile». Si offriva al mondo con una naturalezza e una purezza disarmanti, ma non era affatto un ingenuo o un idiot savant. Era un uomo estremamente determinato. Nel dopoguerra suonò il sax tenore con la Eddie “CleanHead” Vinson Band, e poi con il famoso ensemble di Dizzy Gillespie. Ma cominciò a farsi strada davvero solo negli anni Cinquanta, quando prese parte allo storico quintetto di Miles Davis – da cui fu cacciato nel 1957 perché strafatto di eroina. Il modo in cui si sollevò da questo buco nero fu esemplare e dice molto di lui. Pochi mesi dopo il licenziamento, Coltrane si liberò della dipendenza con una decisione radicale. La droga gli stava facendo pagare un prezzo troppo alto in termini di capacità esecutive. Continua a leggere...


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