Bob Dylan And The Band - The Basement Tapes (1975)

Qualcosa ci dice che delle tante maschere indossate da Bob DyIan nel corso della sua esistenza pubblica nessuna gli si adatti meglio di questa: Dylan come ultimo erede della tradizione popolare americana, suo continuatore, colui che la rievoca, la celebra e in ultima analisi la seppellisce per sempre. Se è cosí, c'è il fondato sospetto che il vero Bob Dylan (qualunque cosa questo significhi, si veda a proposito l'enigmatico Io non sono qui, il film che Todd Haynes ha dedicato alla sua proverbiale inafferrabilità) si trovi tra queste tracce, perlopiú registrate nell'estate del 1967 a West Saugerties, nella casa rosa che quelli di The Band hanno affittato per provare in pace. La storia è nota, l'hanno raccontata libri e infiniti articoli di giornale: Dylan, convalescente dal famoso incidente con la sua Triumph nel 1966, tra giugno e ottobre 1967 tutti i giorni all'una del pomeriggio si presenta dai compari, con cui ha appena concluso un tour mondiale, per mettere su nastro (nastro casalingo, realizzato con un registratore prestato dal manager di DyIan e microfoni del trio folk Peter, Paul & Mary) le canzoni che ha scritto in quei mesi e quelle che scrive lí, sul momento. L'obiettivo immediato è passare il tempo. Poi c'è l'idea di produrre in questo modo materiale da girare agli agenti che cosí lo possono far ascoltare ad artisti interessati a interpretare canzoni inedite di DyIan. «Facevamo sei, sette, dieci, talvolta quindici canzoni al giorno, - ricorderà Garth Hudson, — alcune erano vecchie ballate e canzoni tradizionali, altre erano composizioni originali di Bob. Noi suonavamo la melodia, lui ci aggiungeva le parole, oppure ci cantava sopra suoni senza senso». Dalle sessioni esce un nastro con quattordici nuove composizioni del Maestro assente, alcune delle quali vengono effettivamente interpretate da altri. Tutte, naturalmente, finiscono sui bootleg, le registrazioni illegali che da sempre accompagnano la carriera ufficiale di Dylan. Cosí, quando la Columbia si decide, otto anni dopo, a pubblicare una selezione del lavoro nella cantina di West Saugerties, lui potrà commentare: «Che senso ha ? Non ce le hanno già tutti?», ennesimo maschera_ mento di un genio della dissimulazione che non poteva rivelarsi meglio di cosí, in una sessione segreta, sotterranea, nata per ragioni del tutto diverse, per tutt'altri motivi. (Mia valutazione: Buono)

di P. M. Scaglione - Rock! (Einaudi)

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