Bombino - Azel (2016)
“Azel” in lingua Berbera Tamasheq significa: ancoraggio culturale, nascita, sviluppo, crescita, ed è anche il nome di un piccolo villaggio del Niger nonché il titolo del terzo album di Goumar Almoctar aka Bombino.
Un complicato scrigno sonoro sviluppato su dieci tracce di Desert-Blues e firmate dal chitarrista più chiacchierato dal Mali al Delta del Mississippi.
Un nuovo capitolo di storia e musica prelevato dalle tradizioni malinconiche Tuareg, confezionato a smalto scintillante dalle abili mani di Dave Longstreth dei Dirty Projectors, già produttore di Caribou e FKA Twings. “Azel” è un disco apparentemente solare, anche se ancora una volta si parla di nostalgia desertica, di identità minacciate, di leggi Talebane sul proibizionismo musicale, di ribellione e di forza. Ma non è necessario conoscere la lingua Berbera per interpretarne il suono, forse è più facile apprezzare la musica proprio quando non se ne comprendono le parole. L’eloquenza e la trasparenza di un brano sono spesso mascherate o fuorviate dai testi stessi e dai nostri filtri sociali. Bombino ha ancora la capacità di trasmettere emozioni e raccontarci le storie di questi popoli con l’anima. Così il Blues ripercorre il suo viaggio primordiale e dalla Madre Africa arriva agli studi discografici di Woodstock, lo fa con consapevole evoluzione stilistica: indossa con disinvoltura le antiche vesti acustiche di Ali Farka Touré sulle note del primo singolo “Inar” e di “Igmayagh Dum”, flirta con l’eco indelebile di Jimi Hendrix in “Timidiwa” e strizza l’occhio in levare delle consorelle terre Caraibiche in “Timtar”.
“Azel” è un nuovo ammaliante viaggio storico culturale. Un disco di cuore e di riflessioni senza confini che si conclude sulle melodie cadenzate di “Naqqim Dagh Timshar” – il resoconto desolante dei caduti durante la Ribellione Tuareg dei primi anni ’90. Ancora una volta Bombino traccia l’amore per le proprie radici sfruttando al meglio l’efficacia del linguaggio universale della musica. (Mia valutazione: Ottimo)
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