The Rolling Stones - Exile on Main St. (1972)

Esiste un disco che riassume con più approssimazione, abbandono, mistero e malattia la densa stratificazione operata dalle e nelle radici del rock'n'roll? Probabilmente no ed è per questo che Exile on a Main St. è un luogo dell'anima prima ancora che una vera raccolta di canzoni, un rifugio per "esiliati" di ogni sorta dove sentirsi fuori posto, dalla parte sbagliata di quella strada che resta un principio di sopravvivenza e al tempo stesso una dichiarazione di intenti. Immersi in un'atmosfera orgiastica e decandente, nella Francia dei primi anni 70 in cui ripararono, guidati dalla febbrile ispirazione di Keith Richards, vero condottiero occulto dell'intero progetto, gli Stones di Exile lambiscono la sintesi del loro schietto pensiero in termini di rock'n'roll, approdando così alle fondamenta della sempre amata America. Doppio album controverso e persino non completamente compreso all'epoca della sua uscita, è in verità lo zenith di un'intera scuola di pensiero, quella che guarda più alla profondità dei legami e dei linguaggi primari del rock che non al suo presunto futuro. Da qui il senso atemporale che pervade queste canzoni: un baccanale di blues e country rurale che si affianca al rock'n'roll più spiritato e percorso da fremiti gospel, tra i capolavori Rocks Off, Tumbling Dice, Torn and Frayed, All Down the Line, Shine a Light, nella dolcezza crepuscolare e tradizionalista di Sweet Virginia e Sweet Black Angel, fino alla restaurazione blues di Rip This Joint e Stop Breaking Down, evocando gli spiriti di Slim Harpo e Robert Johnson. Jagger canta con un abbandono e una lascivia che non ritroverà mai più, mentre la band balla letteralmente sul precipizio, sempre sull'orlo di un crollo, eppure mai così lancinante. (Mia Valutazione: Ottimo)

(Fabio Cerbone)

Commenti

E T I C H E T T E

Mostra di più